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I cibi portafortuna da mangiare a capodanno

I cibi portafortuna da mangiare a capodanno

Sulla tavola del cenone ci sono cibi portafortuna di capodanno che non possono mancare per inaugurare un buon anno nuovo. Ma attenzione, ci sono anche cibi porta sfortuna di capodanno!

È in arrivo un anno nuovo e la speranza di tutti è una sola: che sia fortunato e ricco, possibilmente migliore di quello precedente. Scongiuri a parte, come dare una mano alla fortuna? Ovviamente a tavola, scegliendo cibi di capodanno portafortuna ed evitare accuratamente i cibi di capodanno porta sfortuna!

Il principio base per capire quali sono i cibi portafortuna è uno solo e molto semplice: devono essere composti di piccoli elementi, così da evocare la forma delle monete, prima di tutto, ma anche abbondanza e prosperità, come ad esempio lenticchie, riso, uva, melagrana…
Vediamo quelli più diffusi nella tradizione italiana del menu di Capodanno.

Mai senza lenticchie, cotechino e zampone e riso

Il pensiero va subito alle lenticchie, cibo antichissimo e base dell’alimentazione mediterranea, testimoniato fin dal neolitico e poi anche nella Bibbia. Chi non ricorda il piatto di lenticchie di Esaù ricevuto in cambio della sua primogenitura? Citate da Catone nel De Rustica, che ha fornito alcun regole per la loro ottimale conservazione, e dal medico greco Galeno, che ne ha vantato le proprietà salutari, hanno da sempre rivestito un significato connesso sia alla vita sia alla morte, legame assai stretto nell’antichità.

La loro forma schiacciata e rotonda, che cresce dopo la cottura, ha sempre ricordato ricchi tesoretti di monete d’oro. Anche gli antichi romani amavano mangiarle e regalarle chiuse in sacchetti come simbolo di buon augurio. Secondo altre fonti però l'usanza di mangiare le lenticchie a capodanno potrebbe essere più recente. Come si mangiano le lenticchie? Soprattutto insieme a un altro portafortuna di capodanno, il maiale, che può essere servito arrosto, ma soprattutto cotto in forma di cotechino, zampone o stinco. Di sicuro il maiale non può mancare sulla tavola del 31. Anche il riso è simbolo di abbondanza e fertilità che non è solo lanciato sugli sposi dopo la cerimonia, ma anche proposto sulla tavola del cenone di capodanno, sia da consumarsi come risotto sia come decorazione.

Maiali e maialini portafortuna

Nelle popolazioni antiche, il maiale era considerato sacro agli dei e simbolo di abbondanza, fecondità e benessere. Il suo muso sempre volto in avanti a grufolare cercando cibo riporta all’idea del progresso. In Austria, in Svizzera e in Alto Adige c’è la tradizione di regalare pupazzi e dolcetti in marzapane o cioccolato a forma di maialini, come segno di buon auspicio. Usanza che sta prendendo piede anche in Italia. Capito ora perché il salvadanaio ha la forma di maialino?

Il capitone portafortuna nel sud Italia

Se lenticchie, riso, cotechino e zampone sono piatti portafortuna originari del nord Italia e poi diffusi ovunque, nel sud Italia troviamo anche altre particolari tradizioni culinarie. Durante gli ultimi giorni dell’anno, i mercati rionali delle città del sud Italia, specie a Napoli, brulicano di capitoni, che sarebbero la femmina dell’anguilla. Si cucinano alla griglia, fritti, in umido o marinati. Mangiarli porta bene perché è come sconfiggere il male, vista la loro somiglianza con il serpente, da sempre considerato un simbolo demoniaco.

Sempre nel sud, a capodanno, trionfa il peperoncino, importato dal Sud America in Europa con Cristoforo Colombo e usato allora per conservare la carne. La facilità di coltivazione gli è valso l’appellativo di «spezia dei poveri» ed è stato adottato dai contadini per condire quei piatti poi diventati colonna portante della tradizione italiana meridionale. Sembra che la sua reputazione di portafortuna si debba alla forma, simile ai corni di animali che gli uomini del Neolitico ponevano a guardia degli ingressi, come simbolo apotropaico, cioè per allontanare gli influssi maligni. Inoltre i peperoncini sono rossi, e il rosso è il colore portafortuna di capodanno, che impera perfino nella biancheria intima.

Dolci tradizionali di Capodanno che portano fortuna per l’anno nuovo

L’Italia vanta numerosi dolci tradizionali di Capodanno che portano fortuna. La diffusione in Italia dei pani dolci di Natale, poi consumati anche durante il cenone, nasconde un segreto: sono fatti per lo più con mandorle, uva passa o uva sultanina, frutta secca e candita. Si tratta di obbedire allo stesso principio: aggiungere ingredienti che portino fortuna. La frutta con il guscio duro protegge dagli attacchi esterni e quella composta da chicchi, acini e spicchi rimanda a significati di abbondanza e ricchezza.

Così ecco i pani dolci del menu di Natale e di Capodanno, dal classico panettone milanese con l’uvetta, al pandolce ligure, dallo zelten e lo strudel trentini, alla gubana friulana, dal panpepato emiliano e umbro, al panforte senese. C'è anche spazio per le pizze di Natale tradizionali come la pizza de natà marchigiana, assieme ad altri piatti tipici come il pangiallo laziale, il pandrion pugliese o il buccellato siciliano, per non parlare delle mille varietà di dolci e dolcetti ripieni che da nord a sud caratterizzano le mille varietà tradizionali per le feste. In questo senso si capisce anche perché durante le feste natalizie è prassi consumare il torrone, anch’esso composto di miele, zucchero e la beneaugurante e onnipresente frutta secca.

In alcune regioni del sud Italia, inoltre, troviamo alcuni dolci particolari dedicati proprio all’ultimo dell’anno. Gli struffoli sono uno di questi: minuscole palline di farina, uova, strutto e zucchero aromatizzati con l’anice poi fritti e cosparsi di miele e di minuscoli confettini colorati, i diavoletti, diavulilli, o minulicchi. Sono tipici soprattutto della cucina napoletana, ma si trovano anche in altre regioni, con nomi diversi e qualche variante negli ingredienti, come la cicerchiata molisana, i porceduzzi pugliesi, i turdilli o cannaricoli calabresi.

Il marzapane e la frutta di Martorana

Anche i dolci di marzapane sono portafortuna di Capodanno, e non soltanto quelli a forma di maialino. Si tratta di una pasta finissima ottenuta amalgamando pasta di mandorle tritate con albume d’uovo e zucchero o miele.

Al tempo in cui Venezia controllava i mercati con l’Europa settentrionale, il marzapane era importato in pani contrassegnati dal leone di San Marco. Da qui Marci panis, Pane di San Marco, in tedesco Marzipan. In Italia, e soprattutto in Sicilia, prende il nome di pasta reale. In realtà le origini del dolce molto più antiche, risalenti agli etruschi e poi ai romani, rendono controversa la questione. Il nome marzapane si riscontra anche in Armenia e a Cipro, dove il dolce era custodito dentro scatole chiamate in questo modo, per essere esportato in luoghi lontani. In ogni caso i dolci di marzapane sono diffusi da nord a sud in Italia e sono un dolce tipico anche in Germania con il nome di Lübecker Marzipan, riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale dall'Unione europea.

Tra i dolci di marzapane, al posto d’onore, c’è la frutta di Martorana, riconosciuta come prodotto tradizionale italiano e della Regione Sicilia. Sono una perfetta riproduzione della frutta vera, dai colori accesi e allegri. Questo dolce prende il nome dalla chiesa della Martorana a Palermo, con l’annesso convento di suore benedettine. Pare che la frutta di Martorana sia stata inventata proprio dalle suore per abbellire l’aranceto del convento in occasione della visita di re Carlo V nel 1535.

Frutta portafortuna

Ormai abbiamo imparato: la frutta portafortuna è quella composta di piccoli elementi come l’uva, la melagrana o i mandarini, di forma tonda, come mandarini, arance, mele e cachi, e quelli protetti dal guscio, noci, nocciole, pistacchi, mandorle.

Parlare di uva è come attraversare un universo sconfinato e mitologico, dove la sua simbologia è radicata profondamente nella cultura mediterranea. Parte dell’uva raccolta in autunno viene conservata e presentata sulla tavola di capodanno. Allo scoccare di mezzanotte si usa mangiare 12 chicchi, ciascuno per il mese dell’anno a venire. Se sono dolci e succosi, i mesi saranno fortunati, se ne capita uno ammaccato, purtroppo indicherà che anche il mese corrispondente non sarà esaltante.

La melagrana è un frutto evocativo, con i suoi chicchi di colore rosso vermiglio che evocano il sangue e quel sottile filo che lega la vita alla morte, alla rinascita, all’abbondanza e alla ricchezza. La sua presenza nei miti delle civiltà antiche sono tantissimi e tutti riportano a questi significati. Non è raro notare questo frutto come contrassegno di una divinità, nelle tombe etrusche, nei ricami dei paramenti sacri, nelle opere d’arte. In particolare è legato alle dee greche Era, Afrodite, Demetra e Kore.

Il mandarino si è diffuso in Europa soltanto dal XV secolo, ma subito è diventato un frutto beneaugurante per la sua forma sferica, il suo colore dorato, i suoi spicchi dolci, a imitazione dell’usanza proveniente dalla Cina che ne fa un portafortuna per eccellenza sulla tavola di capodanno.

La frutta secca è considerata un formidabile portafortuna da secoli e secoli. Non mancava sulla tavola dei romani durante i matrimoni e non manca neppure sulla tavola moderna di capodanno, che per tradizione deve essere di 7 tipi: noci, nocciole, arachidi, mandorle, uvetta, fichi e datteri. In particolare a capodanno è di buon augurio mangiare datteri e conservare il primo nocciolo come amuleto.

Brindisi di capodanno: che sia con le bollicine

Il brindisi di capodanno è il momento culminante della festa ed è d’obbligo se si vuole sconfiggere la mala sorte e salutare il nuovo anno in allegria. Champagne francese, certo, ma negli ultimi tempi i vini nazionali italiani stanno avendo la meglio sul mercato e nelle preferenze: vino bianco spumante, prosecco, va bene tutto, purché abbiano le bollicine. Il gusto frizzante richiama la festa, le bollicine sono simili a minuscole monetine d’oro, il botto del tappo spaventa la mala sorte.

I cibi porta sfortuna di Capodanno

Ed ecco la nota dolente: cosa non mangiare a Capodanno. Per fortuna la lista dei cibi porta sfortuna di capodanno è molto più breve dei cibi beneauguranti. Evitare gamberi e aragoste, perché sono animali che camminano all’indietro, alludendo a uno stato di regresso per l’anno nuovo. Probabilmente questa credenza è legata a un passo della Bibbia, dove si vieta di consumare pesce che non abbia le pinne e le squame (Levitico 11,10). In seguito, nel Medioevo, si è fatta largo l’idea del legame dei crostacei con il peccato e gli eretici, che si muovono su strade opposte alla Verità e quindi alla Parola di Dio.

Anche i volatili sono sconsigliabili, perché possono volare via portando via con sé la fortuna: bandita la selvaggina! Non si salvano neppure gli animali dell’aia, ammessi invece a Natale, perché galline, oche o tacchini hanno ali inutili al volo e possono così presagire progetti che non decollano.


Maria Milvia Morciano
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Archeologa e storica dell’arte, sono dottore di ricerca, specializzata in archeologia e autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. Sono una esploratrice bulimica di luoghi e biblioteche, mentre con il cibo ho un rapporto sereno e convinta che sia la chiave per capire il mondo e le persone. Il mio motto è: dimmi come mangi e ti dirò chi sei.
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Archeologa e storica dell’arte, sono dottore di ricerca, specializzata in archeologia e autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. Sono una esploratrice bulimica di luoghi e biblioteche, mentre con il cibo ho un rapporto sereno e convinta che sia la chiave per capire il mondo e le persone. Il mio motto è: dimmi come mangi e ti dirò chi sei.
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