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Spaghetti alla chitarra: storia e origine

Spaghetti alla chitarra: storia e origine

Gli spaghetti alla chitarra sono un piatto di origine abruzzese che devono il proprio nome allo strumento con cui vengono realizzati.

Gustare un buon piatto di spaghetti alla chitarra è un piacere gastronomico, ma spesso la gola ci fa dimenticare di soffermarci sull’origine del piatto. La leccornia ha una storia piuttosto lunga e articolata e deve il proprio nome allo strumento con cui si realizzano i sottili fili di pasta all’uovo. Non dimenticarsi di “accordare” le corde è cruciale e sbizzarrirsi con i condimenti appare quasi d’obbligo.

Spaghetti alla chitarra: storia e origine
@envatoelements

Origine degli spaghetti alla chitarra: dove nascono 

Gli spaghetti alla chitarra sono un tipo di pasta fresca all’uovo a sezione quadrata che vantano un’origine antica. In Abruzzo nel 1500 si preparavano i loro antenati: i “Maccheroni a lu Rentrocele”. Questi venivano preparati con un impasto a base di semola di grano duro e uovo, su cui si passava un mattarello dentellato, denominato, appunto “rentrocele”. 

Nel 1700 tale strumento è stato sostituito dalla “maccharunare”, un oggetto con una cassa di legno sormontato da fili metallici. Nella seconda metà dell’800 l’utensile era ormai parte dei corredi da sposa e lo si trova citato anche come “carratore per pasta”. Il termine deriva dal francese “carrer” che fa riferimento alla forma quadrata della pasta. Nel corso del ‘900 lo strumento ha subito varie modifiche.

Perché gli spaghetti alla chitarra si chiamano così 

Guardando all’origine degli spaghetti alla chitarra la ragione per cui vengono chiamati in questo modo appare evidente. Il nome è, infatti, dovuto allo strumento che viene tutt’ora utilizzato per realizzarli. Questo è formato, oggi, da un telaio di legno sopra cui sono collocate delle corde metalliche, di rame o di ottone, distanziate fra loro di circa 3 mm. 

La pasta, che non deve essere troppo sottile, va stesa sopra le corde e, per ricavare gli spaghetti, è poi sufficiente fare pressione sopra di essa con un mattarello. Le strisce ottenute, lunghe circa 30 cm. I fili stesi sul telaio assomigliano alle corde della chitarra. La preparazione si è diffusa in tutto il Sud Italia e, se in Puglia si parla di troccoli, nel Lazio gli spaghetti vengono chiamati tonnarelli.

Spaghetti alla chitarra: dall’origine alla ricetta 

Anche se l’origine degli spaghetti alla chitarra è antica la ricetta non è molto cambiata.

  1. Si inizia versando in una ciotola la farina di semola di grano duro, per poi aggiungere, al centro le uova.
  2. Si incorporano queste ultime nella farina sbattendole energicamente con una forchetta.
  3. Si trasferisce, dunque, l’impasto su un piano e lo si lavora con le mani per una decina di minuti, fino a ottenere un composto liscio e omogeneo
  4. La palla di impasto deve essere avvolta nella carta trasparente e lasciata a riposare per almeno un’ora.
  5. Dopo aver prelevato delle piccole porzioni di impasto le si stende con un mattarello fino a ricavare delle sfoglie lunghe come la chitarra e spesse circa 5 mm. 
  6. Si procede quindi a ricavare gli spaghetti con l’ausilio dello strumento, per poi lasciarli ad asciugare su un tagliere infarinato.

Fin dalla loro origine gli spaghetti alla chitarra si sono dimostrati perfetti per sopportare condimenti robusti. Essi vengono, quindi, serviti soprattutto con ragù di maiale, agnello o selvaggina. Nulla vieta di fare variazioni sul tema e di arricchire i piatti con del pesce. Fondamentale è mantenere la pasta al dente e, se si svuole conservare gli spaghetti in frigo, essi vanno avvolti in un canovaccio umido.


Alice Facchini
Alice Facchini
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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