Plastica negli oceani, alcuni frammenti resistono più di 100 anni
Negli oceani c’è troppa plastica e purtroppo quest’affermazione rimarrà vera per moltissimo tempo. Uno studio pubblicato in Philosophical Transactions of the Royal Society A ha infatti indagato su quale vita attenda i frammenti di plastica che entrano negli ecosistemi blu e ha certificato che parte di essi rimane in superficie per decenni. Anche gli inquinanti che affondano causano problemi e ora negare l’emergenza non ha più senso.
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Plastica negli oceani: attenzione ai dati
A indagare su cosa succeda alla plastica una volta finita negli oceani ci ha pensato un team della Queen Mary University of London. I ricercatori hanno creato un modello per simulare ciò che accade a un pezzo di polietilene, uno dei più comuni inquinanti presenti nelle acque. Ne è emerso che ciascun materiale va incontro a un lungo processo di degrado.
Man mano la plastica si scompone in pezzi più piccoli e questi arrivano a un certo punto ad aggregarsi alla cosiddetta “neve marina”. Essa, che identifica un insieme di detriti organici e inorganici che si sposta dagli strati superiori di mari e oceani verso i fondali, la ingloba e la trascina in basso. Anche dopo 100 anni però in superficie rimane circa il 10% della massa originariamente entrata nell’ecosistema.
Quanta plastica c’è negli oceani?
Lo studio sulla plastica negli oceani apre nuove inquietanti prospettive. Il lavoro risolve in primis il paradosso della plastica mancante, ovvero quel dilemma per cui oggi si ritrova nelle acque solo una piccola parte dei materiali che si stima vi siano entrati. Questo avviene perché i frammenti di grandi dimensioni perdono circa lo 0.45% della propria massa al mese.
Dopo un decennio quindi un terzo del materiale originale si è degradato, mentre dopo 30 anni si arriva a due terzi. La plastica però non scompare ma si trasforma e affonda, rimanendo in parte, come abbiamo visto, in superfice per periodi lunghissimi. Correnti marine, venti e azione del sole sono fattori che influenzano in modo significativo il processo.
Inquinamento da plastica negli oceani: le conseguenze
Dopo il completamento del nuovo studio non è più possibile negare che l’inquinamento da plastica negli oceani rappresenta un problema intergenerazionale. I ricercatori hanno infatti sottolineato che, se anche smettessimo oggi di introdurre plastica nelle acque, i nostri nipoti e bis-nipoti avrebbero ancora a che fare con gli inquinanti da noi rilasciati. Rimuovere la plastica dalla superficie degli oceani, per quanto importante, non appare quindi sufficiente.
Parte di essa continuerebbe infatti a circolare all’interno di essi trasformata. Si teme per altro che le microplastiche che man mano affondano possano alterare i meccanismi di sequestro del carbonio negli oceani. Il rischio è in questo caso che si inneschi un effetto domino con importanti ripercussioni sulla corsa del cambiamento climatico.
Limitare i danni che l’inquinamento da plastica negli oceani causa è cruciale e la comprensione è parte integrante del processo. Ogni anno finiscono negli oceani tra 7 e 11 milioni tonnellate di plastica e guardando alla durata dei singoli frammenti l’emergenza appare chiara. I ricercatori chiedono quindi la messa a punto di strategie a lungo termine e non più la predisposizione di azioni volte a posticipare la crisi.






