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Che cos’è il casatiello napoletano?

Che cos’è il casatiello napoletano?

Il casatiello è un piatto tipico di Pasqua nella città partenopea, un un rustico salato cotto al forno e farcito con formaggio, salame e uova

A Napoli non è Pasqua se non c’è un casatiello sulla tavola. Oltre alla pastiera, tra i capisaldi gastronomici di questa festività nella città partenopea c’è infatti anche questo piatto goloso e decisamente poco light. A differenza del dolce, tuttavia, fuori dalla Campania sono ancora in molti a non conoscerlo. Si tratta di una specie di grossa focaccia salata, fatta a mo’ di ciambella e farcita con molti ingredienti sostanziosi. E nella sua forma non mancano alcuni curiosi dettagli legati alla simbologia pasquale.

Il casatiello è un piatto tipico di Pasqua nella città partenopea. È un rustico salato cotto al forno e farcito con formaggio, salame e uova

Che cos’è il casatiello napoletano

Il casatiello napoletano è un pane salato fatto con farina, strutto, formaggio, salame, ciccioli e uova. Il suo nome deriva dal latino caseus e dal napoletano “caso”, in entrambi i casi “formaggio”. Sebbene il vocabolo “caso” non sia ormai più utilizzato, lo si ritrova ancora in parole come “caciocavallo”, che nel dialetto partenopeo diventa “cas’cavallo”.

Nato infatti come una pagnotta al formaggio, nel tempo il casatiello è stato arricchito con nuovi ingredienti fino a diventare quello preparato oggi a Pasqua. L’impasto viene lavorato a forma di ciambella, riposto in uno stampo e fatto lievitare per almeno 12 ore (possono essere due se fatto con lievito rapido). La farcitura vede un uso molto particolare delle uova: esse infatti vengono inglobate crude, con il guscio, nella parte superficiale del rustico e “ingabbiate” con due striscioline di impasto in modo da formare delle croci. Diventeranno sode in forno.

La cottura, da tradizione, andrebbe a fatta in forno a legna. Ed è per questo che, in passato, molte famiglie napoletane si rivolgevano al fornaio di fiducia. I più volenterosi lo fanno ancora. Oggi invece è più frequente andare dal panettiere per comprare la pasta da pane lievitata naturalmente, pasta che poi i vari consumatori prepareranno e cuoceranno nei forni di casa. La cottura avviene intorno ai 160-170 °C per circa 60-75 minuti. Una volta pronta, la ciambella raggiunge un’altezza importante.

Storia del casatiello

C’è chi fa risalire le origini del casatiello napoletano addirittura all’epoca greca e poi romana. Ci sarebbero infatti diverse testimonianze di pani “conditi” con vari ingredienti già nella letteratura greca, come succedeva in occasione delle feste primaverili pagane organizzate dalle sacerdotesse in onore della dea Demetra (Cerere per i romani).

Ma la prima traccia storica certa, seppure indiretta, è la citazione del rustico salato nella favola La gatta Cenerentola dello scrittore napoletano Giambattista Basile, vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Qui, descrive i festeggiamenti del re per trovare la fanciulla che aveva perso la scarpetta: "E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n'asserceto formato".

La simbologia cristiana

Il casatiello napoletano è un vero piatto di Pasqua. Il suo legame con la festività religiosa lo si può notare in alcuni particolari collegati alla simbologia cristiana: le strisce d’impasto che chiudono nella focaccia le uova crude rappresentano la croce su cui morì Gesù; la forma circolare del rustico richiama invece sia la corona di spine posta sulla testa di Gesù, sia il ciclo continuo della vita con la resurrezione.

Solitamente il casatiello accompagna le famiglie napoletane anche nelle gite organizzate nella giornata di Pasquetta. Considerata la sostanziosità del piatto e la consueta abbondanza dei pranzi per le feste al Sud, non è raro che la ciambella avanzi alla fine della giornata di Pasqua. E per il giorno successivo rappresenta un perfetto pasto completo grazie alla ricchezza dei suoi ingredienti.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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