Le tracce di microplastiche nel cervello creano problemi alla salute mentale?

Le microplastiche sono così onnipresenti che tracce di tali inquinanti si trovano anche nel cervello umano. Una recente ricerca pubblicata in Brain Medicine si è concentrata su quale sia l’impatto di tali particelle sulla salute mentale e sul fatto che a costituire grandi pericoli sono i cibi ultraprocessati che contengono contaminanti in quantità. Appare quindi opportuno tanto approfondire l’indagine, quanto correre ai ripari prima che la situazione diventi emergenziale.

Tracce di microplastiche nel cervello: perché preoccuparsi?
Nel nostro cervello ci sono più che delle tracce di microplastiche. Secondo una ricerca pubblicata a inizio 2025 nell’organo si trovano in media particelle sufficienti a riempire un cucchiaino. Esse entrano nel corpo attraverso acqua potabile, aria respirata e cibi ingeriti. A preoccupare è il fatto che alcuni studi hanno già evidenziato che è possibile individuare delle correlazioni tra alti livelli di particelle inquinanti presenti nel cervello e determinate patologie.
In alcuni soggetti affetti da demenza sono stati scoperti livelli di microplastiche nel cervello da 3 a 5 volte più alte di quelli riferibili a individui sani. Altri lavori hanno collegato l’esposizione a bisfenolo, sostanza chimica utilizzata nella produzione di plastica e resina, a un aumento del rischio di sviluppare ansia, depressione e disturbi dello spettro autistico. Anche se non si può ancora parlare di legami di causa-effetto l’allerta nella comunità scientifica rimane alta.
Tracce di microplastiche nel cervello: quali sono le fonti?
La nuova serie di ricerche sulle tracce di microplastiche nel nostro cervello si è concentrata su una delle fonti principali di contaminazione: i cibi ultraprocessati. Questi alimenti, identificabili come quei prodotti che subiscono diversi passaggi di trasformazione industriale prima di approdare nelle case dei consumatori, forniscono in alcuni Paesi metà dell’apporto calorico totale.
Ad aumentare i livelli di inquinanti all’interno di essi sono tanto i processi di lavorazione, quanto quelli di packaging. Alcuni lavori del 2024 hanno mostrato che chi assume abbondanti quantità di tali cibi ha il 48% di probabilità in più di essere colpito da disturbi d’ansia e il 22% in più di incorrere in depressione. La ricerca collega dunque consumo di alimenti ultraprocessati, aumento dei livelli di microplastiche nel cervello e comparsa di problemi di salute mentale, ma ancora una volta non si può parlare di causalità.
Tracce di microplastiche nel cervello: come eliminarne?
Appare ormai evidente che agire sulle tracce di microplastiche nel cervello umano è prioritario. La prevenzione appare ancora la maggior risorsa. Diverse aziende stanno lavorando sulla messa a punto di packaging più ecologici e sullo sviluppo di tecniche industriali meno problematiche. Le scelte dei consumatori continuano però a fare da ago della bilancia. Limitando l’ingestione di cibi ultraprocessati è possibile, infatti, tutelarsi.
L’accorgimento si rivela un toccasana anche dal punto di vista nutrizionale. Gli scienziati si sono spinti oggi a considerare persino i possibili interventi a posteriori. L’aferesi, processo che consiste nel prelevar il sangue dal corpo umano per filtrarlo dalle particelle inquinanti e poi reinserirlo, rappresenta una delle opzioni analizzate.
I ricercatori sperano che approfondire la ricerca sull’impatto che le tracce di microplastiche nel cervello hanno sulla salute mentale porti a concreti miglioramenti. Un aumento di consapevolezza dei consumatori potrebbe per ora condurre alla richiesta di etichettature più puntuali. In futuro, se il legame tra presenza di inquinanti e patologie cerebrali verrà dimostrato, si potrebbe arrivar a terapie più efficaci per determinati disturbi.
Le informazioni contenute in questo articolo sono da intendersi a puro scopo informativo e divulgativo e non devono essere intese in alcun modo come diagnosi, prognosi o terapie da sostituirsi a quelle farmacologiche eventualmente in atto. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. L’autore ed il sito declinano ogni responsabilità rispetto ad eventuali reazioni indesiderate.
