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Quali sono gli assorbenti compostabili e come smaltirli

Quali sono gli assorbenti compostabili e come smaltirli

Alcuni marchi sono acquistabili online. La certificazione di compostabilità non è però una garanzia. È necessario verificare le norme del proprio comune

Cinquecento anni. È quanto impiega un assorbente per decomporsi. Secondo uno studio di qualche anno fa del marchio bio Natracare, una donna consuma in media nell’arco della sua vita quasi 12mila assorbenti. Quelli comuni sono composti da un’alta percentuale di materiale plastico. Talmente elevata che con un pacchetto si potrebbero produrre circa cinque borse di plastica. Ma quello degli assorbenti, non è solo un problema ambientale. C’è anche un’ingiustizia economica che ha reso il ciclo mestruale quasi un lusso.

Gli assorbenti compostabili sono acquistabili in alcuni negozi e online, ma il loro smaltimento nella frazione umida non sempre è ammesso

Iva più bassa su assorbenti compostabili

Le donne sono infatti costrette a pagare un sovraprezzo sul prodotto. In Italia è del 22 percento, ovvero l’aliquota Iva più alta, la stessa applicata ad esempio alle sigarette. Un’ingiustizia a cui la politica italiana ha provato a porre rimedio a entrambi i problemi, seppur parzialmente, a fine 2019 abbassando l’Iva al 5 percento sulle alternative compostabili, biodegradabili e lavabili.

Le buone intenzioni, tuttavia, si stanno scontrando con la realtà. Gli assorbenti ecofriendly rimangono economicamente sconvenienti se confrontati con quelli classici con l’IVA ordinaria. E, anche qualora una donna sia disposta a spendere di più per essere green, il problema è trovare i prodotti.

Come capire se è veramente compostabile

Parlando di assorbenti compostabili, tecnicamente conferibili nella frazione umida, occorre sottolineare la differenza con quelli biodegradabili. I primi devono decomporsi al 90 percento entro tre mesi, come gli scarti alimentari, i secondi nel giro di sei mesi. Per capire dichiarato compostabile, un assorbente deve rispettare le norme UNI EN 13432:2002 e UNI EN 14995:2007. Questa caratteristica dovrebbe essere confermata da una certificazione e dal conseguente bollino applicato sulla confezione. A rilasciarle, sono enti come il Consorzio Italiano Compostatori, Certiquality, AIB Vincotte e Dincertco. Il primo consiglio è leggere bene etichette e informazioni sulle confezioni.

Dove trovarli

Come si diceva, non è così facile trovarli, soprattutto nei supermercati. Una delle catene che li ha introdotti è Coop. L’azienda assicura che i suoi assorbenti in puro cotone biologico sono prodotti “in conformità alla norma tecnica UNI EN 13432:2002”. La stessa Coop ha recentemente lanciato la campagna “Close the gap, riduciamo le differenze”. Tra le iniziative, anche la riduzione dell’Iva sugli assorbenti classici al 4 percento in tutti i suoi supermercati dal 6 al 13 marzo.

Si va più a colpo sicuro se ci si rivolge a negozi specializzati in prodotti biologici e cura della persona. Oppure acquistando online. Tra i marchi italiani più ecofriendly, ci sono Vivicot, Ecoluna (acquistabili online sul sito dell’azienda), Fiordiluna (online e in negozi specializzati come NaturaSì), Organyc (online). Sempre online è possibile acquistare i prodotti di marchi stranieri come Masmi, Natracare e NatraTouch.

Verificare le disposizioni del comune

Prima di convertirsi agli assorbenti compostabili, tuttavia, è consigliabile informarsi su come le aziende che gestiscono la raccolta differenziata nel proprio comune trattano questi rifiuti. Non è infatti scontato che tutti i raccoglitori consentano il conferimento degli assorbenti nell’umido per problemi degli impianti. A fine 2019, il Consorzio Italiano Compostatori ha inoltre spiegato al Fatto Quotidiano che “la norma prevede che gli assorbenti biodegradabili e compostabili possano essere conferiti come rifiuto compostabile solo se raccolti separatamente, per esempio dentro un sacchetto biodegradabile e previa sanificazione. Vale a dire puliti dal sangue. Insomma, anche in questo caso essere green è veramente difficile.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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