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Quali frutti e ortaggi si mangiavano nel mondo antico e nell'Alto Medioevo?

Quali frutti e ortaggi si mangiavano nel mondo antico e nell'Alto Medioevo?

Dai datteri della Mesopotamia al cavolo dei Romani, ecco quali frutti e ortaggi si mangiavano nel mondo antico e nell'Alto Medioevo

Le specie vegetali, a partire da quelle selvatiche della Preistoria per poi passare a quelle coltivate successivamente, diedero un apporto notevole all’alimentazione dei popoli antichi e dell’Alto Medioevo. Ma quali erano i frutti e gli ortaggi che si mangiavano all'epoca?

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Foto: @Pexels

Frutti e ortaggi nella Preistoria e nelle più antiche civiltà

È documentato che i vegetali – radici, tuberi e frutti – facevano parte della dieta dell’uomo già dal Paleolitico. La loro rilevanza si rafforzò con il passaggio dallo stato selvatico alle colture. Ne è un esempio la palma da dattero in Mesopotamia, che offriva ai popoli antichi una grande abbondanza di frutti, consumati freschi e interi nella bella stagione ed essiccati in inverno, oppure spremuti e utilizzati come dolcificante. Perfino le foglie e la linfa del tronco della palma da dattero venivano utilizzati per uso alimentare.

Gli Egizi consumavano cipolle, porri, aglio, cetrioli, sedano, prezzemolo selvatico e un tipo di lattuga dalle dimensioni tanto grandi da essere consacrato al dio dell’agricoltura e della fertilità Min. Per quanto riguarda la frutta, essi amavano i cocomeri, i meloni, i datteri, i fichi, l’uva e i frutti dell’albero del sicomoro, che rappresentava l’immortalità.

Tra i Fenici era molto diffusa la melagrana, simbolo di fertilità per via della gran quantità di semi, mentre i popoli della valle dell’Indo prediligevano meloni, datteri, noci di cocco, banane, malagrane, limoni e cedri, insieme a un’ampia varietà di verdure.

Frutti e ortaggi dei Greci, dei Romani e dei contadini medievali

I Greci erano grandi coltivatori di olivi, viti e altri alberi da frutto, tra cui spiccava il fico, i cui frutti erano essenziali per l’uomo di ogni ceto sociale. Si nutrivano anche di meloni, uva, mele, pere, mele cotogne e ancora, nespole, melagrane e mandorle. Tra i prodotti dell’orto, erano diffusi la rapa, il porro, il crescione, il navone (o colza) e le erbe aromatiche, come la maggiorana e il timo.

Per i Romani i prodotti della terra – fruges – erano i beni più importanti in quanto essenziali alla sopravvivenza dell’uomo e perciò ogni romano desiderava un proprio orto dove coltivare diversi tipi di cavolo (“il primo di tutti” gli ortaggi secondo Catone il Censore), ma anche cardi, porri, insalate, carote, aglio e cipolle. Altrettanto importanti per i Romani erano le vigne e i frutteti.

Se nell’Alto Medioevo la carne assunse sempre più importanza per i ceti alti, la gente più umile continuava a cibarsi dei prodotti della terra, tra cui le verdure: rapa, cavolo, cipolla, porro, aglio e insalata in primo luogo, poi carote, finocchi, ravanelli e piante aromatiche. La frutta invece era meno presente nella dieta contadina e popolare di quei tempi.

Non tutti i frutti e gli ortaggi che si mangiavano nel mondo antico sono oggi presenti sulle nostre tavole. È il caso dell’atreplice, simile alla bietola, utilizzata dai Greci per le zuppe, oppure della pastinaca, una radice che ricorda la patata, consumata abitualmente dai Romani.

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