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Il prodotto agricolo più dannoso? È la carne ottenuta dagli animali al pascolo

Il prodotto agricolo più dannoso? È la carne ottenuta dagli animali al pascolo

Consumo di suolo, meno biodiversità, più emissioni: ecco perché la carne allevata al pascolo sarebbe il prodotto agricolo più dannoso per il pianeta

Quando si cerca di individuare quale possa essere il prodotto agricolo più dannoso per l’ambiente la risposta è destinata a stupire. Secondo lo scrittore e ambientalista inglese George Monbiot, tra consumo di suolo, riduzione della biodiversità ed emissioni di gas serra, il poco invidiabile primato spetterebbe all’industria della carne e, in particolare, della carne “biologica” allevata al pascolo.

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Foto: Pete Linforth @Pixabay

Carne bio al pascolo? È il prodotto agricolo più dannoso

In un recente articolo comparso sul quotidiano britannico Guardian, Monbiot richiama le tesi riportate nel suo più recente libro, Regenesis. Alcuni dati: l’agricoltura destina il 12% della superficie del pianeta a produrre vegetali destinati a diventare mangime per animali. Oltre il doppio, circa il 28% della superficie del pianeta, è destinata al pascolo animale. Eppure, tra carne e latticini, gli animali allevati al pascolo producono solamente l’1% delle proteine alimentari al mondo in un processo non solo altamente inefficiente, ma deleterio per l’intero ecosistema.

Ma non è solo l’immenso consumo di suolo a rendere la carne allevata al pascolo il prodotto agricolo più dannoso. Nel conteggio, rientrerebbe anche la perdita di biodiversità. La presenza di animali al pascolo preclude il proliferare di animali e piante selvatiche. In presenza di pascoli di bovini, alcuni studi hanno rilevato un presenza più bassa di uccelli, rettili, insetti, piante selvatiche e pesci nei fiumi.

Non allevamento rigenerativo ma greenwashing

Non è l’unica critica lanciata da Monbiot: sotto accusa anche l’etichetta di “agricoltura rigenerativa” e di “allevamento biologico”. Secondo l'autore verrebbe usata da alcuni allevatori come “greenwashing” di una attività in realtà altamente lesiva per l’ecosistema. Per permettere effettivamente di “rigenerare” l’ambiente dove pascola il bestiame, scrive Monbiot, servirebbe “un massimo di circa una pecora ogni 20 ettari per una produzione di “solo 54 kg di carne per ettaro”.

Se la carne mondiale provenisse solo da pascoli veramente “rigenerativi”, sarebbe un bene talmente di lusso che la mangerebbero solo i milionari”. In realtà, spiega, la produzione di carne da pascolo sarebbe la principale causa dell’espansione incontrollata dell’agricoltura.

Il costo in emissioni di CO2

La carne allevata al pascolo sarebbe il prodotto agricolo più dannoso anche per via delle emissioni di gas serra. Non solo quelle dirette prodotte dalle funzioni biologiche degli animali ma, secondo Monbiot, bisogna considerare anche il costo-opportunità del mancato assorbimento di CO2 dall’atmosfera che gli immensi terreni destinati al pascolo avrebbero se fossero invece destinati a foreste.

Allevare insomma, costa due volte: in termini di quanta CO2 viene prodotta e di quanta non ne viene assorbita. Il costo-opportunità di produzione della soia è di circa 17kg di CO2 per 1kg di proteine. Il manzo costa al pianeta 1.250kg ci CO2 per 1kg di proteine.

L’industria del bestiame sta facendo quello che l’industria del petrolio fece quando cercò di convincerci che la CO2 è cosa buona per il pianeta perché è cibo per le piante”, scrive l’autore sul Guardian. Allo stesso modo “viviamo in una illusione riguardo a dove proviene veramente il nostro cibo e su come viene prodotto”. I numeri parlano più delle storie: la nostra concezione altamente estetizzata e fantasiosa della vita bucolica sarebbe, per Monbiot, tra le maggiori minacce oggi presenti alla vita sulla Terra.


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