Mattoni refrattari: ritorno al passato per risparmiare energia

A volte per guardare avanti bisogna guardare indietro. Tant’è che una tecnica antica, le cui origini risalgono all'Età del Bronzo, potrebbe rappresentare una soluzione attuale per un futuro energetico sostenibile. Tra le tecnologie oggi emergenti ci sono infatti i mattoni refrattari la cui riscoperta arriva direttamente dal passato e che rappresenterebbero un sistema semplice ed economico per immagazzinare calore prodotto da fonti rinnovabili. Questa antica tecnologia, rivisitata con materiali e approcci moderni, potrebbe accelerare la decarbonizzazione dei settori industriali più energivori e offrire un modo efficiente ed economico per raggiungere l'obiettivo zero emissioni delle Nazioni Unite entro il 2050.

Cosa sono i mattoni refrattari?
I mattoni refrattari sono materiali da costruzione realizzati con elementi resistenti a temperature estremamente elevate, spesso a base di argilla, silice, allumina e altri minerali. Utilizzati già in passato, questi mattoni sono progettati per mantenere stabilità strutturale e proprietà isolanti anche oltre i 1.000°C. La loro caratteristica principale è la capacità di assorbire, trattenere e rilasciare grandi quantità di calore senza subire danni. Ciò li rende ideali per applicazioni dove è necessario gestire temperature elevate in modo sicuro ed efficiente.
L’uso dei mattoni refrattari ha origini antiche e risale a migliaia di anni fa, quando venivano impiegati per rivestire i forni di fusione dei metalli nell’Età del Bronzo. Oggi, grazie a studi recenti e a una rivisitazione moderna dello stesso principio di fondo, questa tecnologia viene riproposta per risolvere una delle principali sfide della transizione energetica: l’accumulo di calore per i processi industriali.
Come funziona l’accumulo di energia con i mattoni refrattari
I mattoni refrattari funzionano con lo stesso principio delle batterie ma con un netto vantaggio: a differenza di immagazzinare elettricità utilizzata poi per produrre calore, immagazzinano direttamente calore. Il principio è semplice ma efficace: i mattoni refrattari vengono riscaldati utilizzando energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili o recuperando calore di scarto dai processi industriali. Questi mattoni possono raggiungere temperature fino a 1.800°C e conservare il calore per ore, giorni o addirittura settimane.
Quando necessario, il calore viene rilasciato facendo passare aria attraverso appositi canali, fornendo così l’energia termica necessaria a diversi processi. La produzione di cemento per esempio richiede temperature di almeno 1.300°C, mentre l'acciaio, il vetro e la carta necessitano di 1.000°C o più. L'idea alla base di questa tecnica è quella di immagazzinare l'energia nella forma più vicina al suo utilizzo finale per ridurre al minimo le inefficienze di conversione.
Quali sono i vantaggi dei mattoni refrattari?
Uno dei vantaggi principali dell’utilizzo di mattoni refrattari è il costo contenuto. Secondo diversi studi, l’accumulo di calore tramite mattoni refrattari costa circa un decimo rispetto all’utilizzo di batterie elettriche, grazie all’uso di materiali semplici e abbondanti nel suolo terrestre. Ma non solo, i mattoni refrattari offrono anche una migliore efficienza energetica essendo in grado di immagazzinare energia direttamente nella forma di calore ed eliminando così molte delle perdite associate alla conversione tra energia elettrica ed energia termica.
Se questo già non bastasse a convincere gli scettici, i mattoni refrattari offrono anche un vantaggio per il pianeta: sono più sostenibili grazie anche a un minore impatto sulle risorse naturali necessarie a produrli. Riducendo il fabbisogno di batterie e di idrogeno per lo stoccaggio energetico, ridimensionano di rimando la dipendenza da materie prime rare, oltre alla necessità di installare nuove centrali elettriche, con un minore consumo di suolo a livello globale. La loro relativa semplicità e la velocità di installazione li rendono inoltre una scelta ideale per una transizione energetica rapida e su larga scala.
