La bellezza secondo Gualtiero Marchesi

Lo chef Gualtiero Marchesi, durante il conferimento della Laurea magistrale Honoris causa tenutosi qualche anno fa ha avuto l’occasione di parlare alcuni concetti per lui fondamentali come armonia, bellezza e mito. Vi abbiamo già raccontato in un articolo precedente cosa lui intendesse per il primo di questi, l’armonia. Oggi invece è il turno di parlare di bellezza, una delle sfaccettature più complesse della cucina d’autore.
Il bello e il buono coincidono
Il maestro Marchesi fa suo un insegnamento antico di origine greca: «il bello e il buono coincidono», motto che per uno chef è fondamentale. Allo stesso tempo però parlare di bellezza in cucina può essere un’arma a doppio taglio, distogliendo l’attenzione da ciò che è il centro del performance, il piatto. Per questo il concetto di bello in cucina non è affatto semplice da definire.
«La bellezza - ha raccontato lo chef Marchesi - e quindi la bontà, è essenzialmente la capacità di suscitare un’emozione non passeggera, che si ripete ogni volta. La bellezza non passa.» Nel dirlo sembra che il maestro abbia bene in mente il suo famoso Riso, oro e zafferano, una vera icona del fascino estetico di Gualtiero Marchesi.
Bellezza è qualità
La qualità - quando si parla di materia prima - viene considerata dallo chef alla stregua della bellezza ed è considerata fondamentale per una cucina buona e bella. Oltre a questo la si trova anche nella tradizione, che questa sia personale o collettiva poco importa, ma basta che non dia sfogo a interpretazioni troppo libere che sviliscano la materia prima. Qui si trova un equilibrio, quella famosa armonia di cui vi abbiamo già parlato, tra l’arte dello chef, la sua interpretazione e il valore intrinseco di un alimento.
Bellezza e bontà comunque non si esauriscono certo nel piatto, comunque, ma entrano in contatto diretto con tutta l’esperienza del ristorante, dal menù all’ambiente fino alla posizione sul territorio. Un’altra variabile a cui Marchesi fa riferimento è la situazione: «un caso è quello della coppia, altra cosa è il pranzo d’affari.» A seconda del contesto ha senso aspettarsi due concetti di bellezza differenti.
La semplicità del bello
La semplicità, che lo chef definisce come sottrazione del superfluo in favore dell’opportuno, è un aspetto fondamentale per la bellezza intesa dal maestro. L’obiettivo deve essere sempre quello di ottenere il massimo risultato dal minimo sforzo e ad ottenere questo ci pensa la pratica e la tecnica.
Senza la tecnica non si può andare da nessuna parte, ma quando questa prende il sopravvento rischia di diventare ostentazione, facendo sparire molto velocemente l’estro artistico. E qui viene introdotto un altro tassello fondamentale per lo chef, che è la bellezza dell’incompiuto, l’irragionevole senso di fascino che l’imperfezione riesce a esercitare su chi la percepisce.
Questo ci ha lasciato il maestro Gualtiero Marchesi: il bello non apprezza il lusso dell’ostentazione e allo sfarzo abbondante preferisce la semplice raffinatezza del buongusto. La definizione, tutto sommato, dell'eccellenza italiana.
