Inquinamento, nemmeno l’aria dell’Artico è più al sicuro

L’inquinamento dell’aria è ormai una problematica pressante e il fatto che nemmeno l’Artico riesca più a salvarsi è indicativo. Uno studio pubblicato in Nature Geoscience ha mostrato che i contaminanti che raggiungono le terre ghiacciate a nord del nostro pianeta arrivano persino ad alterare la chimica dell’atmosfera. Il lavoro ha portato con sé alcune consapevolezze incoraggianti ma ha fatto suonare ben più di un campanello d’allarme.

Aria dell’Artico: gelida e inquinata
Anche l’aria dell’Artico è ormai inquinata e il principale colpevole è, come sempre, l’uomo. A dimostrarlo ci ha pensato un team del Dartmouth College. I ricercatori hanno analizzato i livelli di acido metansolfonico all’interno di carote di ghiaccio raccolte tra Alaska e Groenlandia, per cercare di capire come le sue concentrazioni fossero cambiate nel corso dei secoli. La sostanza presa in esame rappresenta un sottoprodotto dell’attività del fitoplancton.
Ne è emerso che i livelli di MSA calano quando le emissioni da combustibili fossili aumentano e il declino ha coinvolto anche tali zone remote del pianeta. In Groenlandia una discesa importante è stata, dunque, rilevata a inizio 1800, quando Europa e Nord America hanno vissuto il boom produttivo. In Alaska il calo è stato registrato circa un secolo dopo, in corrispondenza dell’exploit industriale dell’Asia dell’Est.
Aria dell’Artico: sviluppi in arrivo
Lo studio apre interessanti prospettive sull’impatto dell’inquinamento dell’aria e sulla situazione nell’Artico. Il lavoro ha svelato, infatti, che i dati relativi al MSA sono stati fino a oggi interpretati in modo scorretto. Gli scienziati ritenevano che il declino di tale sostanza fosse collegato a un calo nella produttività del fitoplancton e che, quindi, fosse un indicatore di crisi degli ecosistemi marini.
Il team del Dartmouth College ha, però, ora provato che a causare le alterazioni nei livelli della sostanza sono le emissioni di gas serra. Quando queste interagiscono con il dimetilsolfuro, la prima molecole prodotta dal fitoplancton, essa si trasforma in solfato, anziché in MSA. Ciò avviene anche se i numeri dei microorganismi marini rimangono stabili.
Cosa ci sta dicendo l’aria artica?
I ricercatori hanno sottolineato che riflettere sul fatto che l’inquinamento dell’aria sia in grado di raggiungere persino l’Artico è fondamentale. Secondo loro è necessario considerare due fattori. Appare in primis evidente che le sostanze inquinanti non conoscono confini e che non esistono più luoghi della Terra definibili incontaminati o teoricamente al sicuro.
Erich Osterberg, autore senior, ha, però, specificato che non mancano nemmeno le buone notizie. I dati mostrano, infatti, che, negli anni 90, mentre i livelli di inquinamento da azoto diminuivano in Europa e Nord America, quelli di MSA nelle carote di ghiaccio della Groenlandia tornavano a stabilizzarsi. Tale gas rimane in atmosfera per tempi molto brevi, a differenza della CO2, quindi, con interventi coerenti, è possibile ottenere risultati immediati.
L’inquinamento dell’aria è un problema per l’intero pianeta e le alterazioni nella chimica dell’atmosfera dell’Artico lo ricordano. In tale ottica Osterberg ha sottolineato quanto siano importanti le norme riguardanti la questione. Secondo lui una corretta informazione sulle loro reali possibilità di efficacia dovrebbe essere parte integrante delle strategie di intervento. Che l’ecosistema marino artico non sia arrivato al punto di non ritorno è stata per gli scienziati un’altra piacevole scoperta.
