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Divieto di pubblicità per il "junk food": funziona davvero? Il caso di Londra

Divieto di pubblicità per il "junk food": funziona davvero? Il caso di Londra

Vietare la pubblicità per il junk food può avere effetti concreti sulla qualità dell’alimentazione secondo una ricerca condotta sul caso di Londra.

Il “junk food” o per dirla all’italiana il “cibo spazzatura” non piace particolarmente a Londra. Chi ha avuto modo di viaggiare per la capitale inglese prima del 2019 ricorderà probabilmente i corridoi e i treni della metropolitana inondati di pubblicità di hamburger strabordanti di formaggio, tranci di pizza untuosa, patatine strafritte e una miriade di altri alimenti dai discutibili effetti per il fegato. In una prima battaglia della guerra all’obesità nel paese, Londra ha deciso di vietare interamente la pubblicità del “junk food” su tutta la rete di trasporti urbana. Dopo tre anni di divieto la London School of Hygiene ha tracciato una prima analisi dei risultati ottenuti, cercando di stabilire se effettivamente il divieto funziona.

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Foto: Ryan Quintal @Unsplash

Il divieto di pubblicità per il junk food funziona davvero

Secondo i ricercatori inglesi e la loro ricerca pubblicata sulla rivista PLOS Medicine, dopo il divieto di pubblicità sul junk food, i londinesi stanno acquistando meno alimenti “spazzatura”. I dati arrivano da quasi due milioni acquisti di generi alimentari e bevande nella capitale inglese in 977 famiglie. Secondo le stime, da quando la città ha messo al bando panini e pizzette dai muri della metro, della rete ferroviaria e dalle fermate degli autobus, si è verificata una riduzione di circa 1000 calorie alla settimana provenienti da alimenti poco salutari su tutto il territorio cittadino. La stima si basa sull'andamento degli acquisti a Londra prima del divieto e sui cambiamenti osservati nelle famiglie in un'area di controllo nell’Inghilterra del nord.

Non solo junk food

Dopo aver controllato altri fattori chiave tra cui sesso, età, posizione socioeconomica, numero di adulti e bambini in casa e feste come il Natale, i ricercatori hanno stimato che i cambiamenti introdotti dal divieto di pubblicità junk food hanno comportato una riduzione complessiva di 385 calorie per persona a settimana. A scendere quindi, non solo le calorie legate al cibo vietato, ma anche una riduzione generalizzata. In particolare le famiglie prese in considerazione hanno fatto rilevare una riduzione dell’assunzione di grassi del 6,5%, di grassi saturi del 7,3% e di zuccheri del 10,5%. Gli effetti si sono dimostrati più intensi in quelle famiglie dove almeno un membro del nucleo familiare era affetto da obesità.

Un messaggio alla politica

“Molte autorità locali stanno vagliando l’idea di vietare la pubblicità del junk food come parte di una strategia di lotta all’obesità” ha spiegato la dottoressa Amy Yau, prima autrice dello studio “tuttavia fino ora le prove dell’efficacia di queste politiche erano scarse”. Secondo i ricercatori inglesi, nonostante le limitazioni dello studio, il divieto applicato a Londra sarebbe un esempio di successo. In particolare, secondo quando riportato dagli autori, rispetto all’altra controversa scelta effettuata dal governo inglese di tassare le bibite analcoliche zuccherate. Una tassa che, fino ad ora, pare non aver riscosso particolare successo nel disincentivare i consumi.


REDAZIONE
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Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.

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