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Biologico: perché non ci sono abbastanza produttori BIO

Biologico: perché non ci sono abbastanza produttori BIO

La domanda per il biologico è in continua crescita in tutto il mondo, ma a causa di diverse criticità, non ci sono ancora abbastanza produttori BIO.

Il biologico sta vivendo, tra i consumatori, una vera e propria epoca d’oro. Tuttavia questa impennata della domanda non sta trovando un pieno riscontro nell’offerta. Infatti, non ci sono abbastanza produttori BIO. Le ragioni alla base sono diverse e diffuse; il caso degli Stati Uniti può aiutare a comprendere il fenomeno e le strategie da mettere in campo per soddisfare la crescente richiesta.

Perché mancano i produttori BIO

La fame di biologico sta rischiando di rimanere insaziata a causa di un ritmo di crescita del numero dei produttori BIO più lento di quello del numero di consumatori. Il tema del discorso, a dispetto di quanto si possa pensare, non risiede nella scarsa lungimiranza dei produttori, poco attenti alle nuove tendenze del mercato, bensì in una serie di criticità e rischi che ostacolano la conversione delle produzioni tradizionali a quelle biologiche. La situazione degli Stati Uniti risulta un ottimo esempio da prendere in considerazione. Il biologico, oltreoceano, è una modalità produttiva che conquista principalmente i piccoli produttori e, anche in questo caso, tra dubbi e incertezze.

La transizione verso una produzione biologica richiede in primo luogo, diverso tempo prima di poter commercializzare un prodotto certificato BIO. Circa tre anni in cui il terreno deve rimanere privo di sostanze chimiche. In secondo luogo, produrre biologico richiede anche un certo adattamento dell’attrezzatura utilizzata, delle strutture produttive e della manodopera più specializzata. Infine, in ultima istanza, il maggiore costo del processo produttivo associato anche alla minore resa delle colture. Questi aspetti implicano che prima di poter godere dei vantaggi offerti dal biologico i produttori debbano superare più di un ostacolo. Negli States, tuttavia, diversi piccoli produttori stanno raccogliendo la sfida, grazie anche al supporto della grande distribuzione che in certi casi riesce a creare un rapporto di fornitura equo e sostenibile direttamente con gli agricoltori e gli allevatori BIO. Alcuni esempi virtuosi vengono da Annie’s un pastificio industriale e dalla catena di ipermercati Costco.

Anche le istituzioni, tuttavia, stanno facendo la loro parte inserendo per esempio la nuova certificazione «certified transitional» che da il giusto riconoscimento ai produttori i quali stanno mettendo in atto il processo di transizione. Come si può vedere alcuni strumenti e strategie sono disponibili ed efficaci, tuttavia la produzione del biologico risulta ancora una questione di nicchia, anche se sarebbe più conveniente che interessasse di più i grandi produttori. Detto ciò, la direzione sembra ormai chiara, e i consumatori conservano sempre meno dubbi a riguardo. Non resta che attendere la risposta delle grandi aziende per effettuare un vero e definitivo «giro di boa».


Fabrizio Inverardi
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Chitarrista, motociclista, da sempre appassionato di scienza, tecnica e natura. Sono laureato in Psicologia del Lavoro e della Comunicazione. Curioso per natura amo i viaggi, il buon vino e scoprire cose nuove. Da qualche anno nel settore del marketing digitale e della comunicazione.
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Chitarrista, motociclista, da sempre appassionato di scienza, tecnica e natura. Sono laureato in Psicologia del Lavoro e della Comunicazione. Curioso per natura amo i viaggi, il buon vino e scoprire cose nuove. Da qualche anno nel settore del marketing digitale e della comunicazione.
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