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Svezia, individuato il più grande giacimento di terre rare d’Europa

Svezia, individuato il più grande giacimento di terre rare d’Europa

La scoperta di un abbondante deposito di terre rare in Svezia potrebbe agevolare la transizione verde nell’Unione Europea, ecco perché

Importante scoperta nel Nord Europa. In Svezia è stato individuato un grande giacimento di terre rare, il più abbondante mai trovato fino ad oggi sul territorio del Vecchio Continente. La notizia ha avuto molto rilievo per il ruolo che rivestono questi metalli nella produzione di molte apparecchiature tecnologiche ed elettroniche fondamentali nel nostro quotidiano. In primis, le infrastrutture per produrre energie rinnovabili e le batterie per le auto elettriche. Ecco perché questa scoperta potrebbe aiutare il continente europeo ad abbandonare le fonti fossili e dare impulso alla transizione energetica verde.

Svezia, individuato il più grande giacimento di terre rare d’Europa
Foto: Dmitriy Karfagenskiy @Unsplash

Un nuovo giacimento di terre rare in Svezia

La conferma dell’individuazione del grande giacimento di terre rare è arrivata in una conferenza stampa tenuta martedì 10 gennaio dal governo della Svezia e da LKAB, azienda di estrazione mineraria di proprietà dello Stato scandinavo. Il deposito è stato scoperto nella regione di Kiruna, area nell’estremo nord del Paese e conterrebbe oltre un milione di tonnellate di questi metalli dall’alto valore.

Cosa sono le terre rare e perché sono così importanti?

Le terre rare essenziali sono un gruppo di 17 elementi chimici: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio ( Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y). Sono definite “rare” non tanto perché non ce ne siano in abbondanza sul nostro pianeta, ma per il fatto che sono pochi i luoghi in cui si estraggono essendo l’attività complicata e costosa.

Sono considerati una risorsa mineraria strategica perché utilizzate per produrre gran parte dei dispositivi tecnologici che usiamo tutti i giorni. E avendo la tecnologia acquisito un ruolo sempre più importante per le nostre vite nel corso dell’ultimo secolo, la richiesta di questi elementi è cresciuta freneticamente.

Le terre rare vengono sfruttate per creare prodotti di largo consumo come televisori, memorie dei computer, batterie, telefoni cellulari e alto parlanti. In particolare, i microchip che si trovano praticamente in qualsiasi dispositivo.

Terre rare e transizione verde

La domanda di terre rare è destinata a crescere ancora di più nel futuro prossimo – entro il 2030 è destinata a quintuplicare rispetto ai livelli attuali – perché questi metalli sono essenziali anche per la produzione delle “tecnologie verdi”. Parliamo degli strumenti utili a ridurre le emissioni di gas serra derivanti soprattutto dalla combustione di energia fossile e quindi contrastare i cambiamenti climatici. Ad esempio, le infrastrutture per produrre energia rinnovabile, come pannelli fotovoltaici e turbine eoliche, e delle componenti per elettrificare gli inquinanti mezzi trasporto con cui ci muoviamo attualmente, in particolare le batterie ricaricabili per le automobili elettriche.

Una risorsa nelle mani di pochi

Il problema è che le terre rare sono una risorsa strategica nelle mani di pochi Paesi che ne detengono il controllo. Il resto del mondo dipende da questa ristretta cerchia per le sue necessità. Uno dei maggiori estrattori e fornitori è la Cina. Per farsi un’idea più chiara della questione, è sufficiente un dato: l’Unione Europea importa il 98 percento delle terre rare dal Paese asiatico. Gli altri grandi fornitori del mondo sono Russia e Brasile.

La scoperta del giacimento svedese è dunque una buona notizia perché permetterà all’Ue di affrancarsi almeno un po’ da questa dipendenza e di trovare in casa propria una parte delle materie prime necessarie alla transizione energetica verde. D’altronde, secondo una stima americana, il deposito scandinavo è solo una piccola frazione delle 120 milioni di tonnellate di terre rare nascoste in giro per il pianeta.

Valutazioni e ostacoli

I frutti di questa eccezionale scoperta in Svezia non potranno però essere raccolti immediatamente. LKAB ha riferito che pianifica di inviare al governo una richiesta per la concessione ai fini di sfruttamento nel corso del 2023. Ma ha anche specificato che ci vorranno tra i 10 e i 15 anni prima di poter iniziare a estrarre le terre rare presenti e commercializzarle. In questo lasso di tempo, infatti, dovranno essere effettuate tutte le necessarie valutazioni sul rischio ambientale previste dalla prassi.

L’estrazione di questi metalli può avere un impatto molto pesante, soprattutto sulle risorse idriche e sulla biodiversità. È stato calcolato che la lavorazione di una tonnellata di metalli delle terre rare produce circa duemila tonnellate di rifiuti tossici. Ciò nonostante non manca l’ottimismo. “L’elettrificazione, l’autosufficienza dell’Ue e l’indipendenza da Russia e Cina inizieranno con questa miniera”, ha detto il ministro per l’Energia svedese, Ebba Busch.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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