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Scoperto un nuovo cetaceo: è lo zifio di Ramari

Scoperto un nuovo cetaceo: è lo zifio di Ramari

E’ stata confermata l’identificazione di una nuova specie di cetaceo chiamato zifio di Ramari, scoperta grazie alla collaborazione tra scienza e indigeni.

L’oceano nasconde al suo interno numerose specie di animali. Alcune le conosciamo, altre sono ancora da trovare e classificare. Ogni tanto i ricercatori scoprono nuovi organismi viventi che ci ricordano quanto ci sia ancora da imparare sulla vita sulla Terra. Di recente è stata confermata l’identificazione di un nuovo cetaceo che è stato chiamato zifio di Ramari.

Scoperto nuovo cetaceo: li Zifio di Ramari
Fonte: Pixabay

I primi avvistamenti dello zifio di Ramari

In realtà si conosce l’esistenza dello zifio di Ramari da anni, solo che si ignorava il fatto che gli individui avvistati appartenessero ad una specie nuova. Il dubbio è sorto nel 2018, quando l’equipaggio della nave Martin Sheen della Sea Sheperd Conservation Society avvistò un gruppo di questi cetacei. Il personale scientifico di bordo era alla ricerca di altre specie di zifio e mai si sarebbe aspettato di scoprirne addirittura una nuova. Infatti, dopo il primo avvistamento e dell’ufficializzazione della nuova specie sono state eseguite delle verifiche per trovare conferma del sorprendente ritrovamento.

Prima ancora, nel 2011, la tribù locale Ngati Mahaki trovò uno di questi cetacei arenato sulla spiaggia della Nuova Zelanda. Il caso fu seguito dal Ramari Stewart, esperta di balene il cui contributo è stato determinante per la classificazione della nuova specie e a cui è stato dedicato il nome del nuovo zifio. La storia di questa storia è un esempio di come si possano intrecciare le conoscenze della popolazione locale con quelle della comunità scientifica.

La nuova specie

Lo zifio (di cui ora esistono 24 specie) è un cetaceo difficile da vedere perché è in grado di arrivare fino a 3mila metri di profondità e di trascorrervi un massimo di 3 ore e 40 minuti circa. Gli scienziati ipotizzano che lo zifio trascorra la maggior parte del tempo a queste profondità per evitare di incontrare il suo principale predatore: l’orca.

Inizialmente, gli individui della nuova specie erano stati confusi con gli zifidi di True. La classificazione però non aveva convinto del tutto Stewart che analizzò da vicino l’esemplare ritrovato dalla popolazione locale. Con la collaborazione di Emma L. Carroll dell’Università di Auckland è stato verificato che gli zifidi di True che vivono nell’emisfero australe hanno una genetica e la forma del cranio diversa rispetto ai nuovi cetacei ritrovati. Alla fine le analisi genetiche hanno dato ragione a Stewart e a Carroll.

Zifio di Ramari
Fonte: Pixabay

Un nuovo metodo di ricerca

La collaborazione tra comunità scientifica e la popolazione locale si è dimostrata vincente ed ha aperto ad un nuovo metodo di ricerca e denominazione delle specie animali. Nel caso dello zifio di Ramari, anche il nome scientifico della nuova specie (Mesoplodon eueu) è collegato alle conoscenze indigene. Infatti, “eueu” significa “pesce grosso” in Kwedham, la lingua parlata da alcuni popoli del Sud Africa dove sono state ritrovate altri esemplari di questi cetacei che hanno contribuito a identificare la nuova specie.

I ricercatori hanno affermato che le conoscenze della scienza occidentale possono essere integrate a partire dal coinvolgimento dei popoli indigeni. La collaborazione può essere un aiuto anche nei processi della denominazione scientifica, come è avvenuto per lo zifio di Ramari. Non è la prima volta che la scienza coinvolge direttamente anche “persone non addette ai lavori”, come accade con la citizen science in cui gli scienziati si avvalgono dell’aiuto dei cittadini per raccogliere dati sul campo.

La scoperta dello zifio di Ramari ci ricorda di quante meraviglie di questo pianeta non conosciamo e chissà quante stiamo perdendo perché si sono estinte prima che avessimo la possibilità di conoscerle. Ad esempio, delle 24 specie di zifidi presenti nella Lista Rossa della IUCN, sette di esse hanno la nota che riporta “Dati carenti”. Insomma, questa scoperta è un promemoria di quanto dobbiamo ancora imparare dal nostro pianeta.


Emmanuele Occhipinti
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Una passione per la natura coltivata fin da piccolo mi ha condotto a studiare Scienze dell’Ambiente e della Natura ma, in seguito ad un sogno rivelatorio (se si vuole credere a questa versione), mi sono ritrovato con carta, penna ed un sogno nel cassetto.
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