Il riscaldamento a legna peggiora la qualità dell’aria di montagna

Il riscaldamento a legna sta diventando sempre più popolare, ma un nuovo studio ha mostrato che esso è in grado di peggiorare notevolmente la qualità dell’aria. La ricerca, pubblicata in Atmospheric Chemistry and Physics appare innovativa e ha lanciato l’allarme soprattutto per i contesti di montagna. Intervenire risulta prioritario per evitare gravi problemi di salute pubblica.

Lo studio
A concentrarsi su come il riscaldamento a legna influisca sulla qualità dell’aria nelle aree montuose ci ha pensato un team del Leibniz Institute for Tropospheric Research. I ricercatori hanno analizzato i livelli di inquinanti nell’atmosfera nei pressi del villaggio di Retje, in Slovenia. Gli studiosi hanno raccolto i dati tra dicembre 2017 e gennaio 2018. Per farlo si sono serviti di due stazioni di misurazioni fisse, una sulla cima di una collina e una sul fondo della vallata. Hanno poi sfruttato uno strumento mobile, integrato in uno zaino. Con questo in spalla percorrevano 6 km per 3 volte al giorno per documentare la variazione di concentrazione di particolato e black carbon.
Riscaldamento a legna e qualità dell’aria
I dati su come il riscaldamento a legna sia in grado di peggiorare la qualità dell’aria si sono dimostrati allarmanti. È, infatti, emerso che nelle valli montane la concentrazione di aerosol aumentava all’intensificarsi dell’utilizzo del riscaldamento a combustione. I fenomeni di inversione termica, frequenti in inverno, durante i quali l’aria al suolo risulta più fredda di quella in quota, aggravano la situazione. In simili condizioni i livelli medi di black carbon raggiungevano 4.5 μg/m3 e quelli di PM 2.5 i 48 μg/m3. Si tratta di concentrazioni pari a quelle dei centri delle grandi metropoli. Nelle ore serali i ricercatori sono arrivati a rilevare valori che toccavano rispettivamente i 22 μg/m3 e i 560 μg/m3.
Un grave problema
Per capire come il riscaldamento a legna infici la qualità dell’aria nelle aree montuose il caso di Retje è esemplare. Fenomeni di inversione termica si verificano nel 70% delle notti e mattine invernali nelle valli montane. In simili aree geografiche in Europa vivono 30 milioni di persone che respirano per lunghi periodi livelli di sostanze inquinanti superiori a quelli soglia indicati dall’OMS. I ricercatori hanno specificato che per intervenire è richiesto il rispetto di alcuni capisaldi. È in primis cruciale continuare con la ricerca e con monitoraggi frequenti e precisi. Coinvolgere la popolazione, con campagne d’informazione su efficienza energetica e questione ambientale, è altrettanto importante. Le autorità sono chiamate a concepire programmi coerenti con i risultati degli studi e a favorire l’adozione di comportamenti virtuosi con incentivi.
Pensare che la qualità dell’aria in montagna possa essere peggiore di quella in città per colpa del riscaldamento a legna sorprende. Oggi l’aumento dei prezzi dell’energia sta rendendo tale sistema sempre più utilizzato, ma riflettere sul suo impatto ambientale è di vitale importanza. Forse la prossima volta che sentiremo profumo di camino acceso il senso di piacevole nostalgia potrebbe persino venire rimpiazzato da un po’ di inquietudine.
