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Le poesie più belle sui venti

Le poesie più belle sui venti

Da Emily Dickinson a Eugenio Montale, andiamo a scoprire insieme alcune delle poesie più belle mai scritte nel tempo sui venti.

Sui venti hanno scritto poesie belle ed emozionanti i più svariati autori. Alcuni scrittori si sono concentrati sulla capacità di questi elementi unici della natura di instillare inquietudine e agitazione. Altri hanno, invece, insistito su quanto i refoli d’aria, più o meno violenti, riescano a incarnare perfettamente la propensione al cambiamento che molti avvertono costantemente. Andiamo, allora, a scoprire alcune delle liriche più significative dedicate al soffiare del vento.

Le poesie più belle sui venti
@envatoelements

Le poesie più belle e significative sui venti

“Il risveglio del vento” Rainer Maria Rilke 

Nel colmo della notte, a volte accade 
che si risvegli, come un bimbo, il vento. 
Solo, pian piano, vien per il sentiero, 
penetra nel villaggio addormentato. 
Striscia guardingo, sino alla fontana; 
poi si sofferma, tacito, in ascolto. 
Pallide stan tutte le case, intorno; 
tutte le querce mute.

“Il Vento” di Robert Louis Stevenson 

Gli aquiloni in alto t’ho visto lanciare, 
e su per il cielo gli uccelli soffiare; 
tutt’intorno t’ho sentito passare 
qual gonne muliebri tra l’erba fruscianti 
O vento, 
tutt’ il giorno ti sento soffiare, 
e sì forte ti sento cantare! 

Ho veduto le cose che hai fatto, 
ma l’hai fatte sol di soppiatto; 
di te, le spinte improvvise ho sentito, 
di te, i richiami accorati ho udito, 
perché mai ti potevo vedere. 
O vento, 
tutt’ il giorno ti sento soffiare, 
e sì forte ti sento cantare. 

Sì forte e sì freddo qual sei, 
tu che soffi, sei giovane o vecchio? 
Di campo e di ramo creatura tu sei 
o un bambino più forte di me? 
O vento, 
tutt’ il giorno ti sento soffiare 
e sì forte ti sento cantare.

“Tramontana” di Eugenio Montale 

Oggi una volontà di ferro spazza l’aria, 
divelle gli arbusti, strapazza i palmizi 
e nel mare compresso scava 
grandi solchi crestati di bava. 

Ogni forma si squassa nel subbuglio 
degli elementi; è un urlo solo, un muglio 
di scerpate esistenze: tutto schianta 
l’ora che passa: viaggiano 
la cupola del cielo 
non sai se foglie o uccelli – e non son più. 

E tu che tutta ti scrolli fra i tonfi 
dei venti disfrenanti 
e stringi a e i bracci gonfi 
di fiori non ancora nati; 
come senti nemici 
gli spiriti che la convulsa terra 
sorvolano a sciami, 
una vita sottile, e come ami 
oggi le tue radici.

“Il Vento” di Emily Dickinson 

Come la luce, 
Delizia senza forma 
E come l’ape, 
Melodia senza tempo 

Come i boschi, 
Segreto come brezza 
Che, senza frasi, agita 
Gli alberi più superbi 

Come il mattino, 
Perfetto sul finire, 
Quando orologi immortali 
Suonano mezzogiorno!

“Ode al Vento Occidentale” di Percy Shelley 

O tu, selvaggio vento occidentale, 
respiro dell’autunno, dalla cui 
presenza impercettibile le foglie 
morte sono sospinte come spiriti 
che fuggono da un mago incantatore, 
pallide, e gialle, e nere, e rosse come 
la febbre, moltitudini dal morbo 
colpite: o tu che guidi al letto gelido 
e oscuro i semi alati, dove giacciono 
freddi e profondi, come in una tomba 
un corpo, finché non farà la tua 
sorella azzurra della primavera 
cader sulla sognante terra il suono 
della sua tromba, e riempirà di vividi 
colori e di profumi il colle e il piano, 
(nell’aria conducendo come un gregge 
a pascolare i dolci suoi boccioli): 
o spirito selvaggio, che ti muovi 
ovunque, e annienti e curi; ascolta, ascolta! 

II 
Tu nella cui corrente si disperdono 
le nuvole vaganti, come foglie 
marcite della terra, nel subbuglio 
del cielo ripido, dagli intricati 
rami del cielo e dell’oceano scosse, 
angeli della pioggia e della folgore: 
cosparse sull’azzurra superficie 
dei tuoi marosi eterei, come fulgida 
chioma che sollevata sopra il capo 
d’una Menade fiera, dal confine 
tenue dell’orizzonte va ad attingere 
lo zenit, come i riccioli del prossimo 
diluvio. O pianto funebre dell’anno 
morente, a cui la notte che finisce 
sarà la volta d’un sepolcro immenso, 
cupola in cui si aggrega la potenza 
e l’atmosfera densa dei vapori, 
da cui una pioggia nera esploderà 
insieme a fuoco e grandine: oh, ascolta! 

III 
Tu che l’azzurro mar Mediterraneo 
dai sogni estivi risvegliasti, mentre 
cullato dalle onde cristalline 
egli giaceva, accanto a un isolotto 
di pomice nel golfo presso Baia, 
e nel sonno palazzi antichi e torri 
tremolanti guardava nella luce 
del giorno che era ancora più splendente 
dell’onda, ricoperti dagli azzurri 
muschi e da fiori così dolci che 
nel descriverli i sensi vengon meno! 
Tu, per i cui sentieri si dividono 
in abissi le eroiche superfici 
dell’Atlantico, mentre nel profondo 
fiori marini e boschi limacciosi, 
che vestono le foglie senza vita 
dell’oceano, conoscon la tua voce, 
e d’un tratto son grigi di paura, 
e tremano e si spogliano: oh, ascolta! 

IV 
Foss’io una foglia morta che condurre 
tu potessi; o una nuvola veloce 
per volare con te; un’onda che sbuffa 
sotto la tua potenza, a condividere 
l’urto della tua forza, solamente 
men libero di te, o inarrestabile! 
Potessi almeno, come da bambino, 
esser compagno al tuo vagabondaggio 
nel cielo, come allora, quando il passo 
tuo rapido e celeste superare 
non era solamente una chimera; 
mai io nel mio bisogno doloroso 
a te sarei venuto in questa prece. 
Levami come un’onda, come nuvola, 
come una foglia! Cado sulle spine 
di questa vita e sanguino. Il pesante 
fardello delle ore mi ha asservito 
e soggiogato: io a te troppo simile, 
impavido, e veloce, ed orgoglioso. 


Fai di me la tua cetra, come già 
tu fai della foresta: cosa importa 
se come le sue foglie anche le mie 
cadono, se il tumulto delle tue 
poderose armonie solleverà 
da entrambi un canto grave ed autunnale, 
dolce seppure triste. Che tu sia 
il mio spirito, o spirito orgoglioso! 
Accompagna attraverso l’universo 
i miei pensieri morti come foglie 
appassite, affinché una nuova nascita 
possano avere! E per l’incantamento 
di questi versi, spargi in mezzo agli uomini 
le mie parole, come le faville 
insieme con le ceneri, da un cuore 
che ancora non è spento. Ed attraverso 
le mie labbra sii tu per la dormiente 
terra la tromba d’una profezia! 
O vento, se l’inverno sta arrivando, 
potrà la primavera esser lontana?


Alice Facchini
Alice Facchini
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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