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Microplastiche: quante ne ingeriamo senza saperlo?

Microplastiche: quante ne ingeriamo senza saperlo?

Quante microplastiche ingeriamo senza saperlo ogni settimana? Cosa sono? Da dove arrivano? E soprattutto, quanto sono dannose? Facciamo un po’ di chiarezza.

Cosa sono le microplastiche e quante ne ingeriamo ogni settimana? Da dove arrivano? Sono tutte domande alle quali hanno cercato di dare risposta i ricercatori dell’Università di Newcastle (Australia) in uno studio commissionato dal WWF. La risposta sconcertante e per nulla «definitiva» è che ogni settimana ciascuno di noi ingerisce una quantità di micro plastiche pari ad una carta di credito, ossia circa 5 grammi. Gli effetti sull’organismo, non essendosi verificata mai prima d’ora una situazione del genere, non sono noti.

Cosa sono le microplastiche?

Quando si parla di microplastiche ci si riferisce a particelle di plastica di dimensione compresa tra i 330 micrometri e i 5 mm (particelle di dimensioni inferiori vengono chiamate nanoplastiche). Sono il risultato della disgregazione delle cosiddette plastiche prime per azione del vento, dell’acqua, del sale o di altri batteri.

Alcune componenti della plastica però non sono degradabili. Sono i cosiddetti inquinanti organici resistenti (POP) che oltre a essere tossici resistono alla decomposizione e finiscono nel nostro organismo attraverso l’alimentazione. Sale, pesce, verdure, ma anche acqua sono gli alimenti con il tasso più alto di presenza di microplastiche che ci porta a ingerirne ogni settimana oltre 2000.

Da dove arrivano le microplastiche?

Contrariamente a quanto si possa pensare, le microplastiche non sono solo il risultato della disgregazione dei rifiuti plastici abbandonati in mare. Ci sono molti altri settori che concorrono a innalzare notevolmente il quantitativo, primo tra tutti quello tessile. Gli abiti realizzati con fibre sintetiche stanno via via soppiantando quelli in cotone, ma pochi sanno che durante il lavaggio, le fibre vengono erose dalla lavatrice e finiscono direttamente nel sistema idrico dal momento che i normali depuratori non sono in grado di fermarle. Anche alcuni prodotti per l’igiene quotidiana contengono microsfere di plastica. Basti pensare agli scrub per il viso e ai dentifrici.

Il discorso non può certo dirsi concluso: lo sfregamento degli pneumatici sull’asfalto genera microplastiche che, trasportate dal vento e dall’acqua, possono arrivare a oltre 100 km di distanza, inquinando luoghi incontaminati. Anche la pesca contribuisce ad aggravare il problema: non è raro infatti che i pescatori abbandonino in mare reti rovinate o rifiuti di plastica nonostante un accordo internazionale del 1988 lo vieti espressamente. Qual è il futuro del nostro pianeta e della nostra salute non è dato a sapere. Certo è che l’aumento esponenziale del quantitativo di plastica prodotta (si è passati da 1,5 milioni a 280 milioni di tonnellate l’anno), non può che peggiorare la situazione. C’è da sperare che il divieto di utilizzo della plastica monouso che entrerà in vigore in modo definitivo nel 2021, aiuti a rallentare questo trend negativo.


Beatrice Piselli
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Dopo una Laurea in Ingegneria mi sono allontanata dai numeri e avvicinata a nuove forme di espressione, come la fotografia e la scrittura. Il mio blog, Il Cucchiaio Verde, racchiude entrambe le passioni e ha come filo conduttore uno stile di vita vegetariano.
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Dopo una Laurea in Ingegneria mi sono allontanata dai numeri e avvicinata a nuove forme di espressione, come la fotografia e la scrittura. Il mio blog, Il Cucchiaio Verde, racchiude entrambe le passioni e ha come filo conduttore uno stile di vita vegetariano.
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