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Le distillerie scozzesi rispolverano i whisky dimenticati

Le distillerie scozzesi rispolverano i whisky dimenticati

I produttori e gli esperti di whisky puntano alla riapertura delle storiche distillerie scozzesi e al rilancio degli alcolici dimenticati.

Dopo la crisi che negli anni ‘80 ha investito le distillerie scozzesi, uno dei grandi tesori del patrimonio culturale nazionale, alcune delle aziende storiche hanno chiuso, mentre altre hanno finito per l’essere distrutte o dimenticate. I tour e i viaggi eno-gastronomici degli appassionati di whisky non si arrestano, alimentando in maniera incisiva il turismo in Scozia.

Allo stesso tempo, però, le vecchie fabbriche e le antiche tecniche di invecchiamento rischiano di scomparire dalla memoria storica degli abitanti. Proprio per questo motivo, i produttori di whisky, e non solo, hanno deciso di puntare al passato, rilanciando una parte importante dell’identità culturale, rispolverando le ricette di un tempo e riaprendo alcuni degli storici impianti fantasma.

Un po’ di storia: l’inizio della crisi delle distillerie scozzesi

Per comprendere la crisi delle distillerie scozzesi è necessario fare un piccolo passo indietro, al 1832, l’anno in cui, dopo ben 150 di contrabbando, la distillazione di whisky su piccola scala fu legalizzata. Fu quello, infatti, il punto di svolta in cui piccoli commerci illeciti, miscelatori quali John Walker e drogherie a gestione familiare si trasformarono in aziende a tutti gli effetti. Ad aprire le porte al mercato su larga scala internazionale del whisky scozzese, e renderne più facile e veloce la diffusione, fu l'introduzione della ferrovia nel 1860.

All’inizio del XX secolo l’industria del whisky era in un periodo di grande splendore, messo però ben presto a dura prova da una triplice serie di eventi, ovvero il proibizionismo negli Stati Uniti, la crisi economica nel Regno Unito e la seconda guerra mondiale. Nel Dopoguerra la produzione e le esportazioni di whisky scozzese aumentarono nuovamente, fino alla devastante crisi che, negli anni ‘70-’80, causò la chiusura di numerose distillerie.

Lo spirito giusto è quello del passato

Dopo la crisi delle distillerie scozzesi abbiamo assistito a una lenta ripresa ma è solo negli ultimi dieci anni che lo spirito del paese sta realmente entrando in una fase di revival. Tante le iniziative interessanti e i progetti in atto per salvare gli alcolici dimenticati e le distillerie abbandonate. Oltre all’apertura di piccoli e medi impianti, particolarmente significative sono le operazioni compiute dall’azienda The Lost Distillery (Distilleria Perduta) e da alcuni dei più grandi produttori scozzesi tra cui Diageo che sono in procinto di rianimare distillerie e tecniche andate perdute. Più nello specifico, The Lost Distillery sta conducendo indagini sociali sulle città di distillazione e sulle loro abitudini alimentari per scoprire le tecniche che possano rendere il gusto del whisky simile a quello leggendario di un secolo fa.

Il lavoro degli archivisti consiste essenzialmente nell’identificare i componenti essenziali per riprodurre la ricetta di un tempo, tra cui il tipo di botte, di acqua e di orzo. Chiaramente non è detto che l’eventuale ricerca conduca a un risultato gradevole al nostro palato di ora, ma vale la pena tentare. Parallelamente la Digeo, leader mondiale nel settore dello scotch whisky, ha deciso di investire 35 milioni di sterline nella riapertura, prevista entro il 2020, di due delle due più importanti distillerie scozzesi chiuse 35 anni fa, ovvero Port Ellen e Brora. Gli appassionati di whisky sanno bene che le poche bottiglie rimaste in circolazione di questi due marchi hanno prezzi stratosferici e sono merce per collezionisti. Non resta quindi che aspettare che la produzione degli storici impianti riparata per poter finalmente gustare due tra i whisky più apprezzati e ricercati di sempre.


Ivana De Innocentis
Ivana De Innocentis
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Nomade digitale, docente di social media marketing e scrittrice, appassionata di viaggi, arte, tecnologia e alimentazione vegetariana e vegana. In cucina ama prendere spunto dalle sue passioni, aggiungendo ingredienti naturali e un pizzico di creatività.
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Nomade digitale, docente di social media marketing e scrittrice, appassionata di viaggi, arte, tecnologia e alimentazione vegetariana e vegana. In cucina ama prendere spunto dalle sue passioni, aggiungendo ingredienti naturali e un pizzico di creatività.
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