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Le 5 piante che possono uccidervi

Le 5 piante che possono uccidervi

Che siano i semi, le bacche o l’intera pianta poco importa, questi vegetali non hanno niente a che vedere con l’insalitina verde della vostra pausa pranzo. Questi possono farvi molto, molto male.

Quando in passato i nostri antenati dovevano pensare ad una minaccia sicuramente avrebbero optato per qualche feroce animale preistorico. Oggi invece probabilmente punteremmo a qualche virus o batterio. In pochi sospetterebbero che anche le piante possono rilevarsi fatali per noi esseri umani, e alcune di queste probabilmente le avete già in casa o in giardino.

Dieffenbachia

Una famosissima pianta da appartamento: è facile da coltivare, non è troppo sensibile alle cattive abitudine dei giardinieri improvvisati ma soprattutto è bella da vedere. Peccato che le sue foglie siano ricche di sostanze pericolose per noi umani, composti che se ingeriti sono in grado di provocare bolle e gonfiori con annesse difficoltà respiratorie.

Meglio anche che evitiate di passarvela sugli occhi, avrebbe gli stessi effetti spiacevoli. Tutto questo per colpa di microscopici cristalli ed enzimi che lacerano i tessuti e inibiscono le proteine, causando in alcuni casi un blocco delle vie respiratorie totale e irreversibile.

Digitale

Altra pianta che si trova facilmente a decorare ambienti domestici, altra pianta in grado di fare seri danni se maneggiata con poca cura. Perenne o biennale a seconda della specie, è famosa per i suoi grappoli di fiori colorati e per un certo successo nella letteratura, tanto che Pascoli le dedicò una poesia.

La digitossina al suo interno però è tossica per l’uomo, e se ingerita può provocare vomito, nausea e dissenteria assieme a stati confusionali, allucinazioni e un irregolare battito cardiaco. La leggenda vuole che uno dei sintomi dell’avvelenamento da digitale, problemi di vista accompagnati da una sfumatura perenne e giallognola del campo visivo, siano la causa del cosiddetto periodo giallo di Van Gogh.

Cerbera odollam o l’albero dei suicidi

Un nome che dice molto sulla sua natura, anche se l’aspetto, un albero che può arrivare ad una decina di metri d’altezza diffuso nell’area del pacifico, non ha nulla di particolare. Se non fosse che anche un singolo seme, se ingerito, può causare la morte. È molto difficile ingerirli per sbaglio, sono protetti da un duro guscio, ma il triste nome è dovuto proprio all’impiego che se ne fa in certi paesi per togliersi la vita.

Funziona praticamente allo stesso modo della digitossina poco più sopra, agisce sul ritmo cardiaco e sullo stomaco. La possibilità poi di poterne coprire il sapore con le spezie e la difficoltà di individuare la tossina durante l’autopsia ne fanno anche un agente particolarmente impiegato negli omicidi in India. In dieci anni nel solo stato stato di Kerala, in India, si sono contati oltre 500 decessi legati ai semi di questa pianta.

Oleandro

Un’altra pianta comunemente coltivata in Italia a scopo ornamentale, è originaria dell’Asia ma è ormai diffusa in tutta l’europa meridionale. Ma come le piante qui sopra anche l’oleandro nasconde una terribile tossina, la oleandrina che agisce, come gli altri composti, direttamente sul cuore.

Questa pianta però contiene una vasta gamma di altre tossine che se ingerite possono causare nausea, vomito, disorientamento e visione sfuocata. Per quanto fosse considerato, erroneamente, un antidoto per il veleno dei serpenti, meglio ribadirlo: non si mangia l’oleandro!

Aconito napello

Forse conoscete un libro intitolato Harry Potter e la pietra filosofale. Se vi dice qualcosa e vi considerate veramente appassionati, potreste ricordare il nome di questa pianta. Alla sua prima lezione di pozioni il professor Pitton domanda a Harry quale sia la differenza tra il Napello e la Lupanaria. Si tratta in realtà della stessa pianta, l’aconito napello, decorativa e di grande impatto visivo, ma allo stesso tempo decisamente velenosa.

Un composto decisamente complicato, l’aconitina, è il secondo veleno al mondo più attivo, in grado di causare una varietà impressionante di sintomi, in primis interferendo con le funzioni cerebrali e cardiache. Veniva addirittura sfruttato dai Galli e Germani come veleno per le frecce.


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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