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La scienza dietro l’hamburger impossibile

La scienza dietro l’hamburger impossibile

L’hamburger impossibile sta spopolando tra i migliori chef degli Stati Uniti e le sfide caricate puntualmente su youtube per distinguerlo dalla controparte tradizionale non si contano nemmeno. Alle spalle una filosofia completamente diversa dai surrogati di soia che ormai traboccano nei supermercati, preparazioni che non si soffermano troppo a emulare le caratteristiche di un vero hamburger, giusto vagamente la consistenza e il gusto. E il segreto è una dose extra di scienza.

Prima mossa: ingannare i sensi

Il lavoro dell’articolata equipe che ha sviluppato questo prodotto è cominciato tentando di replicare le caratteristiche fondamentali di un hamburger classico. Colore, profumo, consistenza, gusto, comportamento in fase di cottura, tutte variabili prese attentamente in considerazione, vagliate dall’animale al panino per renderlo indistinguibile. Il tutto condito con una dose più che abbondante di neuroscienze e una domanda, semplice e complessa allo stesso tempo: cosa rende la carne, carne?

Per rispondere sono intervenuti due scienziati dell’azienda Impossible Food, un’esperta di gusto, Celeste Holz-Schietinger (flavour scientist) e, appunto, un neuroscienziato, Richard Brown che riassume così il problema: «un hamburger manda tutta una serie di informazioni ai nostri organi sensoriali, orecchie, naso, lingua, occhi e dita, ma è solo quando questi organi inviano le loro informazioni al cervello e questo le integra che possiamo dire di stare provando veramente della carne.»

L’hamburger impossibile, molecola per molecola

Per ingannare i nostri sensi i ricercatori hanno dovuto letteralmente fare a pezzi un hamburger fino alle sue componenti più basilari, quel miliardo di molecole che ne determinano ogni caratteristica. Un macchinario si occupa di isolare ognuno di questi mattoncini privilegiando quelli coinvolti nell’aroma e gli scienziati del gusto "semplicemente" annusano ogni singolo aroma prendendo nota delle sensazioni provocate, dalla fragranza di rosa floreale a quello di piedi passando per l’albicocca e, non si scherza, odore di persone anziane e spazzatura. Disgustoso, no? Niente affatto, basta che tutti questi profumi siano nel giusto equilibrio e il nostro cervello li interpreterà come favolosa e saporita carne arrostita.

Quello che ha veramente sorpreso i ricercatori è stato scoprire l’esistenza di una molecola in particolare, detta eme o ematina, che da sola funziona da pietra angolare per il profumo e gusto di un hamburger. Stiamo parlando di quella manciata di atomi che assieme caratterizza il sangue, nell’aspetto e nel gusto, e che in un hamburger diventa il driver di tutti i composti aromatici della carne. L’aspetto migliore è che questa sostanza non è un’esclusiva del regno animale, anzi, i ricercatori sono riusciti a estrarla dalla soia.

Ed ecco che dopo cinque anni di sviluppo la Impossible Food è riuscita a replicare sotto quasi ogni aspetto un hamburger al cento per cento privo di carne, sostituita da proteine del grano e della patata, eme estratto appunto dalla soia, gomma xantana e fiocchi di olio di cocco. Non resta altro che provarlo.

Fonti: impossiblefoods.com - Quartz - Youtube.com


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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