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La pasta nel cinema italiano: quando due arti si incontrano

La pasta nel cinema italiano: quando due arti si incontrano

C’è stato un momento in cui la pasta e il cinema formarono un binomio perfetto, un’unione così speciale da conquistare il mondo

E se la pasta, da semplice alimento quotidiano nelle tavole degli italiani, diventasse simbolo cult di un intero Paese? La risposta è che non solo è possibile, ma anche che è diventata realtà grazie al cinema italiano. Un segno caratteristico, sociale, etnico, culturale, di costume, un vero e proprio “marchio di fabbrica” che durante un film americano fa esclamare: “ecco un piatto di spaghetti, ecco l’Italia!”. Di questo e non solo si carica l’immaginario collettivo legato alla pasta, una semplice rappresentazione della realtà che può nascondere il benessere così come la povertà. Proprio come in Miseria e Nobiltà (1954).

Sono in molti i registi ad aver reso la pasta protagonista indiscussa dei loro film, imprimendo su pellicola scene destinate a far parte non solo della storia del cinema, ma anche della nostra cultura. A volte surreali, altre di vita quotidiana, in ogni caso scene che abbiamo vissuto, sognato, amato o desiderato. Eccone alcune.

Pasta nel cinema italiano
Foto: anncapictures @pixabay

“Domenica d’agosto” di Luciano Emmer (1950)

Un piatto di pasta può diventare una testimonianza nostalgica di un’Italia che non c’è più? Accade proprio in questo film, considerato precursore del Neorealismo rosa, in cui si narra la vita quotidiana di una Roma popolare. Ai suoi abitanti, pronti a partire per Ostia, non mancano amori, preoccupazioni economiche e qualche bugia che sembrano svanire proprio davanti ad un piatto di spaghetti in riva al mare. La speranza di una famiglia proletaria è racchiusa in un piatto, simbolo di una dolce ingenua malinconia tutta italiana.

“Un americano a Roma” di Steno (1954)

Come dimenticare Alberto Sordi e il suo “Maccarone…m’hai provocato e io te distruggo”, una delle battute più famose della storia del cinema italiano. In questo film Sordi interpreta Fernando Moriconi, detto Nando, che in tutti modi cercherà di vestire gli abiti di una Roma un po’ troppo influenzata dai gusti americani. Farà proprio di tutto, dall’accento al vestiario, ma si renderà presto conto che niente è come la tradizione del suo paese d’origine. In fondo, non è così male essere italiani. E via a un succoso piatto di maccheroni, perché meglio del sogno americano c’è solo il sogno italiano!

“Miseria e nobiltà” di Mario Mattoli (1954)

È Totò il protagonista del film, un povero scrivano di Napoli di nome Felice Sciosciammocca che, insieme ad un suo amico fotografo, deve fingersi aristocratico e parente di un marchese per arrivare a fine mese. Qui entra in gioco la pasta: in una scena del film, Felice si catapulta su un piatto fumante di spaghetti e tanta la sua fame che lo mangia addirittura con le mani. Un gustoso piatto di pasta può essere per una persona povera una fonte di felicità enorme, proprio come dimostra Totò mettendosi a ballare poco dopo una tarantella. Sono proprio le piccole cose a renderci felici, e cosa più di un buonissimo piatto di pasta?

“I soliti ignoti” di Mario Monicelli (1958)

Non solo la pasta, ma anche le zuppe sono immancabili nei film. È il caso della commedia di Monicelli, una delle più significative del panorama del cinema italiano. La storia narra delle disavventure di un gruppo di ladruncoli che escogita un piano per rapinare il Monte di Pietà. La voglia di riscattare una vita di fallimenti e insuccessi non basterà a far andare bene le cose, ma è proprio in questo momento che entra in gioco la pasta: i protagonisti si ritrovano nell’appartamento sbagliato ma sarà la pasta e ceci avanzata a sollevare gli animi. Anche se tutto va male, l’importante è avere la pancia piena.

“C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola (1974)

Pochi film come questo riescono a ritrarre in modo comico e amaro contemporaneamente, le vicende di tre amici ex partigiani che hanno perduto negli anni lo slancio intellettuale. Sembrano cibarsi solo di rimpianti e cinico realismo, ma ecco che il tempo si ferma quando si ritrovano a tavola nella trattoria “Dal re della mezza porzione”. Un piatto di pasta fa da sfondo ad un impietoso bilancio sulle loro esistenze, ad una generazione che ha fallito. Eppure, questo piatto per loro significa qualcosa di più grande: un’amicizia ritrovata.

“Il postino” di Michael Radford e Massimo Troisi (1994)

In onore di Massimo Troisi, non si può non parlare degli “spaghetti alla Mario Ruotolo”. Il protagonista del film, Mario, ormai ex postino personale di Pablo Neruda, ricorda con nostalgia l’amico poeta e aiutando sua moglie Beatrice nella cucina dell’osteria di famiglia, prepara gli spaghetti al sugo di carciofi. Non mancano le descrizioni poetiche, perché in cucina anche la poesia può essere un ingrediente. Ancora una volta, un piatto di pasta diventa simbolo d’amicizia e di un’Italia che crede nei valori importanti.


Cristina Morgese
Cristina Morgese
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Dopo aver conseguito la Laurea in Storia dell'arte e il Master in Management Museale, lavoro freelance come giornalista, copywriter e content creator. Non credo a confini già delineati, per questo mi piace oltrepassarli e trovare i fili nascosti che legano discipline diverse tra loro.
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