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La chimica nel sapore del vino

La chimica nel sapore del vino

Quando si tratta del sapore del vino la chimica gioca un ruolo fondamentale. Anzi, non è esagerato sostenere che è proprio dall’armonia di migliaia di composti che nasce un’ottima bottiglia.

Dietro al sapore del vino si nasconde la complessa chimica che raccoglie l’interazione di migliaia di molecole. individuarle, comprendendone gli effetti sul gusto e l’armona di una bottiglia, può sembrare una sfida immensa, eppure esperti degustatori e enologi non hanno mai gettato la spugna a riguardo. Nonostante il 97% del vino - in media - sia composto da acqua e etanolo, in quel 3% rimanente si nasconde ogni differenza che potrete trovare in ciascuna bottiglia. Non spaventati quindi se incontrerete dei nomi a voi poco famigliari, è grazie a loro se il vino italiano, con la sua terra e suoi professionisti, è così apprezzato nel mondo.

Il vino celebra la diversità

Gavin Sacks, professore alla Cornell University di chimica del vino, ha sottolineato come nel vino, a differenza di quasi tutti gli altri prodotti alimentari, sia sempre premiata la differenza, quasi mai l’omologazione. Del resto, prosegue l’esperto, solo negli Stati Uniti ci sono in commercio 400.000 diverse etichette di vino, ognuno con le sue particolari caratteristiche. Il lavoro del professor Sacks è trovare quali composti chimici siano legati a ciascuna caratteristica gusto/olfattiva.

Per di più gli scienziati devono ancora spiegarsi le condizioni di base in cui avvengono le varie reazioni: secondo i libri di testo le condizioni nelle cisterne di fermentazioni in cui avvengono le lavorazioni principali del vino non dovrebbero essere particolarmente interessanti, ma nella realtà la questione è molto diversa.

La cosa interessante è che di per sé le reazioni non sono complesse da determinare, il problema sono le combinazioni, praticamente infinite. Scoprire le origini di ciascuna molecola, le trasformazioni che ha subito e che subirà nel tempo sono difficili determinare. Perché sì, la chimica nel sapore del vino non si riduce ad una semplice fotografia istantanea, ma ad un complesso equilibrio che cambia nel tempo.

Il segreto del Sauvignon

Prendiamo per esempio il Sauvignon blanc cresciuto in Nuova Zelanda: 3-mercaptoesanolo e 3-mercaptoesile acetato sono due composti chimici che svolgono il ruolo di firme vere e proprie per questo vino, donandogli una nota di frutto della passione unica nel suo genere. Gli scienziati hanno svolto un complesso lavoro d’indagine per capire quale fosse la motivazione di questo particolare aroma unico prodotto dal Sauvignon blanc neozelandese, non presente in altri vini con la stessa uva provenienti da luoghi diversi.

Quello che hanno scoperto è stato molto più complesso di quanto si aspettassero: uno dei precursori delle due molecole citate qui sopra, l’acido linolenico, è più concentrato nell’uva cresciuta col clima neozelandese; l’assenza di manodopera nelle vigne implica una raccolta e lavorazione meccanica, che a sua volta comporta una maggior percentuale di acini rotti, più soggetti a fenomeni di ossidazione. Andrew Waterhouse, un altro professore alla University of California, ha analizzato tutte le fasi successive della lavorazione, scoprendo una complessa reazione a catena, che alla fine, producono il 3-mercaptoesanolo e il 3-mercaptoesile acetato.

Il mistero del pepe nello Shiraz

Leigh Francis, chimico del vino all’Australian Wine Research Institute di Adelaide, approfondisce il discorso su un altro mistero della chimica nel sapore del vino: il sentore di pepe nello Shiraz. Alla guida di una squadra di esperti, assieme ad un panel di professionisti della degustazione, è riuscito a collegare nel 2008 questo particolare aroma ad un composto chimico, il rotundone.

Una volta individuato il composto i ricercatori hanno cercato di capire di più di questo composto, scoprendo che aumenta di concentrazione man mano che l’uva matura. Questa informazione è diventata molto utile per i produttori, dandogli più controllo su quella particolare sfumatura semplicemente anticipando o posticipando la raccolta degli acini.

Ma Leigh Francis non si è fermato lì: proseguendo le sue analisi ha scoperto che la concentrazione di questo composto, così come altri, può variare nella stessa vigna nonostante in apparenza il terreno e i filari siano identici, cresciuti con le stesse identiche tecniche e ritmi. Dopo questa analisi i viticoltori hanno cominciato a raccogliere l’uva raggruppandola per filari, in modo da avere una separazione più omogenea dei grappoli.

Una questione sempre più complicata

Questi risultati non sono altro che l’inizio di un lavoro molto più complesso legato alla chimica nel sapore del vino: sono infatti solo casi limite quelli in cui un singolo composto è facilmente ricollegabile ad un aroma, accade molto più spesso che siano molteplici composti a produrre una nota particolare. È il caso per esempio del profumo di albicocca o di pesca - in generale dei frutti detti drupe - che è estremamente complesso da ricostruire.

Per indagare questi sapori più complessi il procedimento diventa più particolare: gli scienziati estraggono il complesso gruppo di composti che reputano legati ad un determinato profumo e cominciano per esclusione ad eliminare singole tipologie di molecole. Un panel di esperti a questo punto valuta le differenze per capire esattamente come incide il singolo elemento all’interno della composizione.


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