In alcune parti del mondo coltivare biologico protegge dal cambiamento climatico, una risposta al riscaldamento globale che alcuni agricoltori hanno scoperto essere molto efficace. Con le piogge che diventano sempre più imprevedibili e il costo dei fertilizzanti a volte proibitivo, sono i contadini dei paesi in via di sviluppo a subire le conseguenze più gravi del cambiamento climatico.
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Il biologico contrasta il cambiamento climatico
Il principio per il quale il biologico riesce a proteggere alcuni agricoltori dal cambiamento climatico è relativamente semplice: questa tecnica di coltivazione risulta meno stressante per il terreno, permettendogli di essere più efficiente, per esempio, nell’assorbire l’acqua piovana senza disperderla. Nei primi centimetri di terra il nutrimento torna a concentrarsi in maniera naturale senza i ritmi serrati dell’agricoltura convenzionale.
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A questa spinta verso il biologico ha contribuito anche l’utilizzo sempre più abbondante di escrementi bovini per la produzione di energia e gas. Una maggior efficienza energetica ha spinto gli agricoltori a limitare l’uso di legno per scaldarsi, diminuendo la necessità di disboscare le zone limitrofe ai campi. In più ha fornito una scorta di fertilizzante naturale abbondante da utilizzare nei campi, liberandosi dal gioco di alcuni prodotti chimici.
Il paradosso è che adottando questa soluzione in regioni che subiscono gli effetti più intensi del cambiamento climatico la produttività dei campi aumenta rispetto alle tecniche comunemente nei campi. In alcune zone dell’India il passaggio ad un’agricoltura bio per il riso ha prodotto un aumento delle rese compreso tra il 30% e il 40%, riducendo allo stesso tempo la spesa del 35%.
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