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I padroni del cibo, un saggio di Raj Patel

I padroni del cibo, un saggio di Raj Patel

Viviamo in un sistema alimentare pieno di contraddizioni, in cui l'abbondanza si alterna con la scarsità e dove alcuni oligopoli rischiano di dominare il mercato.

Chiunque voglia scrivere di cibo è in una posizione assai pericolosa, perché in un attimo potrebbe trovarsi ad esprimere opinioni o pareri su tematiche che magari esulano dal suo specifico campo di competenze. Raj Patel, economista e professore universitario, nel suo I padroni del cibo, ha scelto un punto di vista tra i più discussi, complessi e vitali in cui potesse cimentarsi: come funziona il sistema agroindustriale moderno?

Unless you are a corporate food executive, the food system isn't working for you.

The Guardian

Raj Patel e i paradossi del sistema agroalimentare

La parola chiave che in qualche modo serpeggia per tutta la prima parte de I padroni del cibo è «paradosso». Perché di paradosso si tratta, quando il numero di malnutriti al mondo è così simile a quello di chi soffre di malattie legate a un’alimentazione eccessiva, sintomi, come dice l’autore, di uno stesso problema. E non è una problematica limitata ai cibi industriali, anzi, tutta la prima parte del libro è dedicata a smontare pezzo per pezzo quell’idilliaca visione dell’appezzamento coltivato dal contadino, mostrandone i perversi meccanismi governati, almeno secondo l’autore, dalla sferragliante macchina delle multinazionali.

In effetti qualche dubbio sorge spontaneo, se si prende in considerazione l’esempio puntualmente raccontato del ripido percorso di un chilo di caffè. Raj Patel ci fa partire dal campo del coltivatore ugandese, dove il nostro protagonista vale 14 centesimi di dollaro; una volta arrivato alla macina quel chilo viene caricato di altri 5 centesimi, più altri 5 per la spartizione di sacchi. L’arrivo a Kampala per la spedizione ne aumenta il prezzo di ancora 3 centesimi. Diciamo che a questo punto il caffé costerà bene o male sui 26 centesimi al chilo approssimando e che uno dei più grossi esportatori ugandesi di caffé lo esporti al costo di un centesimo al chilo alla Nestlé. Nel momento in cui arriva alla fabbrica a Londra per la lavorazione quel chilo vale poco più di un dollaro e sessanta. Quando uscirà dallo stabilimento ne varrà più di 26.

I padroni del cibo e la pressione rurale

Raj Patel si dedica anche al suo paese natale, l’India, dove la situazione nelle campagne viene descritta come disastrosa, merito anche delle politiche della nazione, sempre meno rivolte alla tutela dei produttori e sempre più accoglienti verso le teorie del libero mercato. Ora, senza entrare in tediosi dettagli, il concetto di base è abbastanza semplice: siamo portati a pensare che il libero mercato sia la soluzione migliore, almeno a lungo termine, per la salute di un’economia, spinta al miglioramento dalla competizione sfrenata.

Eppure, con la globalizzazione, ci si trova a far fronte a innumerevoli variabili che possono far crollare un castello di carta. Un esempio su tutti quello del Messico, che rettificò il North American Free Trade Agreement (Nafta) nel 1994, liberalizzando il commercio con gli Stati Uniti. Il risultato fu il precipitare del prezzo del mais nello stato, ma allo stesso tempo i suoi contadini, che lavorano il 60% dei terreni disponibili con quel cereale, furono investiti da una crisi senza precedenti, causata da un’impossibile competizione col sistema produttivo statunitense, anabolizzato oltretutto da forti sovvenzioni statali.

Questi sono solo due esempi delle tematiche trattate in questo saggio, I padroni del cibo, che regala una prospettiva preoccupante su un futuro che ci vedrà impegnati a sfamare 9 miliardi di persone tra appena qualche decennio. Riusciremo a trovare una soluzione per tutti?


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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