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Food Porn: a caccia dello scatto gastronomico perfetto

Food Porn: a caccia dello scatto gastronomico perfetto

Lo abbiamo sotto gli occhi almeno tre volte al giorno con sembianze e formati sempre più diversi, seduti o in piedi, di corsa o con calma, bene o male dobbiamo stare davanti a un piatto stracolmo o un fazzoletto stirato a mo’ di tovaglia. Quanto potrà mai essere difficile fotografare qualcosa che conosciamo così bene nell'era del food porn?

Una questione di sensi

I problemi iniziano sicuramente per una questione della massima ovvietà: il cibo è concepito per essere mangiato, azione platealmente multisensoriale; un panino ha il suo profumo, la sua croccantezza sotto le dita, la trama intricata dei crepacci nella crosta del pane, il sapore del crudo all’interno in contrasto con il formaggio fresco e l’insalata, la maionese che scivola corposa e scomposta all’angolo della bocca.

Restituire ognuna di queste sensazioni attraverso un solo senso, la vista, rende l’impresa tutt’altro che scontata. Pensiamo banalmente alla fotografia di una tazza di té, pensata e ragionata per restituire una sensazione di calore da focolare domestico, o a quella di un complesso piatto di alta cucina, una pietanza altera ma allo stesso tempo invitante.

Buono da fotografare, perfetto food porn

Dobbiamo metterci il cuore in pace e rassegnarci a una dura realtà: molto spesso ciò che è bello da fotografare non è buono da mangiare. Detto in altri termini, molto spesso i piatti protagonisti dei meravigliosi scatti sono immangiabili. I tempi di cottura per una foto perfetta sono infatti decisamente più corti di quelli per una preparazione da servire, tanto che carne, pesce ma soprattutto verdura e frutta rimangono semi crudi nella maggior parte delle foto.

Questo garantisce colori più accesi e una migliore consistenza, regalando maggiore corpo e pienezza al piatto, effetto che si può ottenere anche stando attenti a scattare la foto ai piatti mentre sono ancora parecchio caldi. Un’alternativa può essere posizionare qualcosa tra la pietanza e il piatto, una sorta di supporto, in modo da esaltare le forme del nostro protagonista. Una parola va spesa anche per il colore, che spesso può essere esaltato con accostamenti cromatici netti, grazie anche a condimenti usati come decorazione.

Luci e set

La luce ottimale per uno scatto gastronomico rimane quella soffusa, ovvero quella che potete ottenere da una finestra in una buona giornata di sole, difficilmente riproducibile in studio. Il problema con le luci troppo dirette è la formazione di riflessi sulle parti lucide e la presenza di ombre molto pesanti, considerati entrambi fattori penalizzanti in questo genere di foto.

Il set è altrettanto fondamentale, basta pensare a quante possibilità esistono: meglio un primo piano ravvicinato escludendo addirittura i contorni del piatto? O forse rende meglio seguendo la curva della porcellana appena sotto la pietanza? E gli oggetti attorno al piatto vero e proprio? Un tavolo spoglio o una tovaglia riccamente imbandita? Sono tutte possibilità che devono essere prese in considerazione a seconda non solo del piatto scelto ma anche del contesto in cui si immagina verrà consumato.

Inquadratura

Parente dell’ultima scelta, fondamentale nelle pratiche di food porn, è l’inquadratura, di cui è fondamentale l’angolo di ripresa, che in generale si alterna in tre range abbastanza circoscritti: da 0 a 15 gradi, con la macchina praticamente appoggiata sullo stesso piano del piatto, sottolinea lo sviluppo verticale della pietanza ma lascia molto spazio al set, che dovrà essere particolarmente curato; la visuale da 45 gradi è quella classica a cui probabilmente siamo tutti bene o male abituati essendo la prospettiva naturale mentre mangiamo; ultima ma non ultima la visuale area, adatta però solo a piatti la cui trama nel piatto è particolarmente ricercata, dando quasi un senso di opera d’arte alla preparazione.

Fonti: Fotocomefare - Marketingcamp - 3daround


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