Febbre della lingua blu, cos’è e perché spaventa gli allevatori

Tra le malattie temute dagli allevatori rientra la febbre della lingua blu. Questa colpisce i ruminanti con effetti diversi da specie a specie e crea enormi problemi a chi possiede del bestiame. Il contagio avviene attraverso un insetto e, anche se non sussiste il rischio di trasmissione da individuo a individuo, arginare la diffusione del patogeno si rivela a volte complesso. Il cambiamento climatico non fa altro che aggravare il quadro.

Febbre della lingua blu: il virus
La febbre della lingua blu, detta anche semplicemente Bluetongue, o febbre catarrale degli ovini, è una malattia di origine virale. A fare da vettore del patogeno sono gli insetti ematofagi, del genere culicoides. La femmina diventa serbatoio del virus tramite il pasto di sangue e rimane infetta per tutta la vita. La malattia non è contagiosa: non si trasmette cioè da animale ad animale.
Non sussistono pericoli nemmeno per l’uomo. Il contatto con bestiame infetto e il consumo di prodotti derivati rimangono del tutto sicuri. In circolazione si contano almeno 27 ceppi del patogeno e questi colpiscono i diversi ruminanti con gradi differenti di gravità. La sintomatologia è in genere più grave in pecore, cervi e altri ruminanti selvatici.
Febbre della lingua blu: i sintomi
La febbre della lingua blu si manifesta con sintomi di intensità diversa, ma nei casi più gravi, e soprattutto nelle pecore, è possibile osservare:
- Ulcere e piaghe in bocca e naso
- Salivazione eccessiva
- Diarrea profusa
- Stanchezza
- Inappetenza
- Secrezioni anomale da occhi e naso
- Perdita di peso
- Rigonfiamento di labbra e lingua
- Tensione muscolare e zoppia
Il nome “lingua blu” è da attribuire al fatto che in alcuni casi la lingua assume questo colore per cianosi. Ciò non accade in realtà con frequenza. La mortalità arriva al 70%. La diagnosi avviene tramite analisi di laboratorio e, una volta accertato il contagio, i responsabili del bestiame sono chiamati a prendere gli opportuni provvedimenti.
Come si cura la febbre della lingua blu?
Oggi non esiste una cura per la febbre della lingua blu e l’intervento è affidato alla prevenzione. Lo strumento privilegiato è, allora, da individuare nei vaccini, che dovrebbero aiutare sia a contenere le perdite, sia a frenare la diffusione del virus. Per quest’ultimo scopo è, però, fondamentale intervenire anche sulla gestione del territorio e degli insetti vettori.
I culicoides vivono e si riproducono in ambienti dove è presente acqua stagnante e amano particolarmente il fango, ricco di sostanze organiche, oltre che le alte temperature. I bovini, quando punti, fanno, poi, da perfetto serbatoio del virus. Il patogeno rimane, infatti, nel loro corpo fino a 60 giorni, spesso con evidenze blande o nulle. Dato che nelle zone temperate gli inverni si fanno sempre meno rigidi e più brevi, ciò fa in modo che al ritorno della bella stagione il ciclo possa riprendere.
La febbre della lingua blu sta dando non pochi grattacapi agli allevatori europei. Si sono, infatti, già registrate impennate di casi in Lussemburgo, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Belgio e Francia, ma nemmeno l’Italia appare al sicuro. Le autorità sono chiamate a fare tutto il possibile per rendere monitoraggi e prevenzione più efficaci. La tempestività d’intervento appare la miglior alleata.
