Falde acquifere, l’acqua salata è una minaccia per le coste

Le falde acquifere sono un bene estremamente prezioso, ma, soprattutto nelle aree costiere, la loro salvaguardia costituisce una sfida. A dimostrarlo ci ha pensato uno studio pubblicato in Geophysical Research Letters. Secondo il lavoro, a causa del riscaldamento globale, entro il 2100 gran parte dei bacini sotterranei di tali zone finiranno per dover fare i conti con infiltrazioni di acqua salata. Intervenire è d’obbligo e il tempo stringe.

Cosa vuol dire che le falde acquifere sono in pericolo?
Le falde acquifere nelle aree costiere sono in pericolo a causa dell’alterazione di alcuni importanti equilibri. Nelle zone vicine a mari e oceani, infatti, esiste una “zona di transizione” dove acqua dolce, potabile, e acqua salata si mischiano, ma, in genere, forze opposte fanno in modo che tale dinamica non porti a conseguenze.
L’acqua salata spinge, per parte sua, verso l’entroterra, mentre quella dolce, continuamente ricaricata dalle piogge, esercita pressione verso la direzione opposta. L’incepparsi del meccanismo fa sì che si verifichino infiltrazioni di acqua salata all’interno della falda e, quindi, che venga compromessa la fruibilità della risorsa. Oggi tale situazione si verifica sempre più spesso e, secondo le ultime ricerche, il quadro è solamente destinato a peggiorare.
Falde acquifere: l’impatto del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico avrà sulle falde acquifere un impatto drammatico. A certificarlo ci ha pensato uno studio della NASA, in cui sono stati analizzati 60.000 bacini idrografici costieri. Attraverso delle simulazioni gli scienziati hanno mostrato che entro il 2100 il 77% di questi sarà interessato da infiltrazioni di acqua salata. Alla base delle alterazioni troviamo, per lo più, due fattori. L’innalzamento del livello dei mari farà aumentare, da una parte, la pressione verso l’entroterra nell’82% dei bacini studiati.
La zona di transizione si sposterà così, in media, di 200 metri nelle aree più a rischio a causa del fenomeno, che comprendono: Sud Est Asiatico, Golfo del Messico e parte della Costa Orientale degli USA. La diminuzione delle piogge in vaste regioni del pianeta completerà, dall’altro lato, l’opera, influenzando il 45% delle falde analizzate. Particolarmente vulnerabili risultano, in questo caso, Penisola Arabica e Western Australia.
Falde acquifere: risolvere i problemi in profondità
Per l’umanità capire come salvaguardare le falde acquifere nelle zone costiere è una priorità. Fortunatamente il cambiamento climatico sembra destinato a influire sulla dinamica anche in modo blandamente positivo. Nel 42% dei bacini analizzati, infatti, le piogge tenderanno ad aumentare di intensità e, quindi, a ricaricare più velocemente le falde sotterranee, andando a bilanciare gli effetti dell’innalzamento del livello dei mari. Ciò offre, però, una garanzia tanto fragile quanto esplosiva.
Alluvioni e inondazioni non potranno, infatti, che rivelarsi una naturale conseguenza del fenomeno. Le autorità sono, dunque, chiamate secondo gli scienziati a intervenire in modo ponderato. Dove la minaccia più pressante è rappresentata dall’innalzamento del livello dei mari appaiono necessari piani di deviazione delle acque. Nelle aree in cui, invece, la mancanza di piogge domina il quadro, la protezione delle risorse idriche esistenti si trasforma nella principale preoccupazione.
Perché le falde acquifere possano resistere alla minaccia del cambiamento climatico sono necessari interventi coerenti e coordinati a livello internazionale. Ben Hamlington, coautore dello studio, ha sottolineato che i Paesi più ricchi dovrebbero, in tale ottica, anche sostenere le realtà più svantaggiate. Queste ultime finiscono, infatti per subire in modo più drammatico le conseguenze del riscaldamento globale, in una totale asimmetria tra responsabilità ed effetti del fenomeno.
