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Emissioni: anche la scienza deve ridurre la propria impronta di carbonio

Emissioni: anche la scienza deve ridurre la propria impronta di carbonio

Con la crisi climatica anche la scienza deve a ridurre il proprio impatto, ma intervenire sull’impronta di carbonio appare complicato

Tenere sotto controllo le emissioni di ogni attività è diventato un must e guardare all’impronta di carbonio della scienza non esula da tale compito. Aumentare il sapere umano è, infatti, profondamente inquinante e, per quanto la conoscenza sia preziosa, mitigare i danni è vitale. Passi indietro e rallentamenti non sono, , ammissibili, e trovare strategie d’intervento richiede impegno.

scienza impronta di carbonio
Foto: Chokniti Khongchum @Pexels

L’impronta di carbonio della scienza

Che la scienza inquini è ormai tutt’altro che un mistero. Per fare ricerca sono, infatti, necessarie apparecchiature sofisticate che consumano grandi quantità di energia. Alcuni studi si sono concentrati sulla questione e hanno mostrato dati inquietanti. Secondo recenti stime gli osservatori astronomici più importanti producono, nel loro ciclo vitale, 20 milioni di tonnellate di CO2. I ricercatori dell’Institute for Research in Astrophysics and Planetology di Tolosa hanno stimato che ciascuno di loro produce in un anno 28 tonnellate di anidride carbonica, contro le 4.24 di un cittadino francese medio. Per quanto riguarda il campo informatico, poi, il discorso è anche peggiore. Un centro di raccolta dati arriva a utilizzare la stessa quantità di elettricità di 50.000 case.

I problemi

Ridurre l’impronta di carbonio della scienza dovrebbe risultare una priorità, ma la questione si mostra complessa. Alla ricerca è, infatti, affidato il compito di rendere il sapere umano sempre più vasto e di arrivare continuamente a nuove scoperte. La tentazione è, dunque, quella di credere che il fine giustifichi i mezzi. Non stupisce, allora, leggere che per il meeting annuale dell’American Geophysical Union, evento dalla grande importanza per gli scienziati del clima, ciascun partecipante produca in media 3 t di CO2. A rappresentare una problematica pressante in fatto di inquinamento sono, in questo evento come in altri, i lunghi viaggi in aereo necessari agli esperti per presenziare.

Intervenire

I primi consapevoli dell’importanza di ridurre l’impronta di carbonio della scienza sono gli addetti ai lavori. Gli studi sull’argomento si stanno susseguendo e le stime dicono che è necessaria una decisa inversione di rotta. Per arrivare a un bilancio neutrale in tema di emissioni entro il 2050, gli astronomi dovrebbero, per esempio, ridurre la propria produzione di CO2 di 20 volte. La paura è, però, quella dell’innescarsi di un circolo vizioso. La nostra capacità di combattere la crisi climatica è legata al progresso scientifico e le conseguenze di ogni limitazione vanno valutate. Le premesse incoraggianti, comunque, non mancano e le energie rinnovabili si ritagliano settori sempre più ampi. Molte istituzioni stanno spostando i propri meeting in sedi più facilmente raggiungibili e stanno adottando metodi di partecipazione live-online.

Pensare che persino la scienza è chiamata ad agire per ridurre la propria impronta di carbonio sorprende. Proprio la risorsa a cui l’umanità fa riferimento per arginare le problematiche pressanti viene trovata manchevole. Mondo e universo sembrano dirci che la strada verso la conoscenza è ancora lunga. Chissà che questo promemoria non abbassi un po’ il piedistallo su cui l’uomo è solito collocarsi.


Alice Facchini
Alice Facchini
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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