L'ecologia poetica di Giacomo Leopardi
Tra il 1817 e il 1832 Giacomo Leopardi, il noto poeta di Recanati, raccolse riflessioni, aforismi e appunti in un’unica opera dal carattere enciclopedico e personale: lo Zibaldone. In questa raccolta Leopardi scriverà spesso riguardo il rapporto tra l’uomo e la natura ma, allo stesso tempo, affermerà che “l’arte non può mai uguagliare la ricchezza della natura.” Eppure, è proprio la sua poesia a dare ricchezza alla natura, dimostrando in realtà quanto siano labili i confini tra scienza e letteratura.
Quando la poesia incontra la natura
Sono passati ormai due secoli dalla morte di Giacomo Leopardi, ma il suo pensiero filosofico è più vivo e attuale che mai, così come le sue riflessioni sui limiti e sulle vere capacità dell’uomo.
La crisi climatica, l’inquinamento, il surriscaldamento globale sono temi certamente lontani dall’epoca in cui ha vissuto il poeta, ma attraverso le sue opere è possibile tracciare già un pensiero ecologico, frutto di un sapere multidisciplinare, complesso, etico.
Da un lato la natura come entità benefica e positiva in grado di rendere l’uomo saggio e virtuoso, dall’altro una natura matrigna che non vuole bene ai propri figli. A unire queste consapevolezze, solo all’apparenza diametralmente opposte, la poesia. È proprio di quest’ultima che Leopardi si serve, come mezzo superiore e dall’alto valore ermeneutico, per conoscere la natura interrogandola, contemplandola e perfino biasimandola in tutto il suo mistero.
Ne “La Ginestra” consapevolezza e speranza
Dalla fiducia all’incertezza, dalla bontà all’indifferenza: la natura per l’uomo è tutt’ora imperscrutabile. Giacomo Leopardi ci lascia così molti interrogativi ma altrettante risposte sul sistema della natura, vista come l’insieme di tutti gli esseri viventi, animali e vegetali, e non solo come principio creatore. Una visione d’insieme che ha molto dell’ecologia così come la conosciamo oggi, ma col fascino che solo la poesia suscita e contiene. Da qui, “l’ecologia poetica” che accomuna il famoso poeta a moltissimi scrittori, poeti e artisti di tutti i tempi.
Con “La Ginestra”, penultima lirica scritta dal poeta, un fiore diventa simbolo di una poesia capace di donare bellezza e di consolare l’animo.
Non solo, alcune riletture critiche ne sottolineano valori etici e civili come quello della solidarietà umana o, come direbbe il poeta, quella «social catena» che vede nella debolezza e nella consapevolezza l’unione tra gli uomini. Ogni essere vivente, tra cui animali e piante, soffre proprio come l’uomo ed è questa fragilità, questa precarietà che deve unire gli uomini nel riconoscere il valore della vita come patimento, ma anche capacità di sopportare e resistere all’inevitabilità.
Questi valori non solo ci allontanano dal mal interpretato “pessimismo leopardiano”, ma ci avvicinano a ciò che di più profondo alberga nel pensiero ecologico, in cui la natura non è qualcosa di cui aver paura né qualcosa che l’uomo deve o può controllare. Leopardi alla fine non fa altro che donarci un fiore, con la speranza di vederlo fiorire un giorno. Un fiore fatto di amore, amore per la natura nella sua meravigliosa complessità.
