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Dolci di Carnevale: perché le chiacchiere si chiamano così?

Dolci di Carnevale: perché le chiacchiere si chiamano così?

A Carnevale gustare le chiacchiere è una tradizione, ma tra maschere e coriandoli, ci siamo mai soffermati a pensare al nome di questi deliziosi dolci?

Il Carnevale si avvicina e fornai e pasticcerie si stanno riempiendo dei dolci tipici del periodo, fra cui, fortunatamente, non mancano le chiacchiere. Grazie a una ricetta semplice e unica queste golosità sono protagoniste della tradizione da secoli. Il loro nome nasconde, però, ben più di una storia e, forse, il momento di indagare è, tra un morso e l’altro, ormai arrivato.

chiacchiere Carnevale

Le chiacchiere nella tradizione

Quando il Carnevale si avvicina e il profumo di dolci riempie le strade, fermarsi a comprare delle chiacchiere diventa una tentazione irresistibile. Questi delizie fanno parte della tradizione del nostro Paese fin dai tempi antichi. La loro origine può essere, infatti, ricondotta ai Romani e ai Saturnali, festività antenate dell’odierno Carnevale. Durante tali giorni venivano preparati dei dolci a base di farina e uovo, poi fritti nello strutto, detti frictilia. Tali pietanze erano economiche e di semplice realizzazione. Venivano, dunque, servite alla folla in quantità, accompagnate da sanguinaccio. La ricetta ha subito delle trasformazioni, ma, anche se lo strutto è diventato pressoché assente, gli ingredienti di base restano immutati.

Perché le chiacchiere si chiamano così?

Comprendere l’origine del nome delle chiacchiere di Carnevale significa affidarsi a un buon mix tra storia e leggenda. La tradizione attribuisce, infatti, tanto al dolce, quanto all’appellativo, radici napoletane. Si racconta, infatti, che la regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I, abbia chiesto, durante un pomeriggio d’intrattenimento con gli ospiti, di allestire un piccolo rinfresco. Raffaele Esposito, napoletano, allora cuoco di corte, avrebbe, a questo punto, avuto l’intuizione geniale di preparare il tipico impasto fritto che oggi conosciamo. Il nome “chiacchiere” sarebbe, così, attribuibile alle circostanze in cui vennero, da allora, consumate, durante le chiacchierate reali.

Un dolce unico

Le chiacchiere rimangono una costante dei giorni del Carnevale. Questi dolci hanno conservato il nome consegnatogli dalla tradizione in diverse parti d’Italia, fra cui Puglia, Campania, Basilicata, Sicilia, Calabria e Milano. Bugie, frappe, cenci e lattughe rimangono, comunque, diverse definizioni quasi altrettanto diffuse. Le chiacchiere mantengono la loro connotazione di dolce povero e, come in passato, vengono consumate in abbondanza, per anticipare il periodo di magra della Quaresima. L’antica usanza di friggerle nel grasso animale, attribuibile anche alla coincidenza del Carnevale con il periodo di uccisione dei suini, è stata, però, in parte sostituita. Oggi al burro si preferisce, spesso, l’olio o, persino la cottura al forno.

Mentre un altro Carnevale è alle porte, prepararsi a rimpinzarsi di chiacchiere diventa quasi una priorità. Ancora una volta Storia e storie si intrecciano per consegnarci l’eredità di un panorama culturale e culinario variegato e noi non possiamo che accoglierla a braccia aperte. La sensazione è che la consapevolezza non possa far altro che accrescere la gola.


Alice Facchini
Alice Facchini
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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