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Dieta e clima, consumare meno cibo spazzatura aiuta a ridurre le emissioni

Dieta e clima, consumare meno cibo spazzatura aiuta a ridurre le emissioni

Uno studio americano ha scoperto che l’acquisto di meno junk food può portare a un taglio della Co2 pari a quello di un passaggio a una dieta vegetariana

Consumare meno cibo spazzatura non fa bene solo alla salute. Anche l’ambiente può trarne beneficio. Recenti studi e revisioni della letteratura scientifica a tema alimentare hanno evidenziato che ridurre l’assunzione del cosiddetto junk food ha dei riflessi positivi in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, il gas principale responsabile dell’aumento delle temperature del pianeta e del riscaldamento globale.

Dieta e clima, consumare meno cibo spazzatura aiuta a ridurre le emissioni di anidride carbonica

Il cibo spazzatura

Per cibo spazzatura si intendono prodotti come caramelle, snack, cibo preconfezionato e bevande zuccherate e alcoliche. Anche se non possiedono la stessa “intensità carbonica” della problematica carne, ovvero non viene rilasciata in atmosfera la stessa quota di emissioni che si ha producendo la medesima quantità di prodotto, possono incidere di più. Perché? Uno dei nodi individuati da uno studio dalla Purdue University, nell’Indiana (Stati Uniti), sui consumatori americani riguarda la mole di junk food comprato.

Lo studio americano

I ricercatori Usa hanno analizzato milioni di acquisti alimentari effettuati nel 2010 da quasi 60mila nuclei familiari negli Stati Uniti. Hanno poi raggruppato i prodotti in 83 categorie e calcolato la quota di anidride carbonica emessa per la produzione di un chilo di ciascuna tipologia di cibo. Infine, hanno calcolato l’impronta carbonica di ciascuna dieta familiare comparandola con quella di una dieta che segue le raccomandazioni delle autorità sanitarie americane.

I risultati hanno indicato che ridurre l’assunzione di snack, cibo pronto e bibite varie determinerebbe un taglio delle emissioni pari, se non addirittura superiore, a quella che deriverebbe da un cambio netto delle abitudini alimentari. Si parla del 31 percento di Co2 in meno. “E’ l’equivalente di 45 milioni di tonnellate di Co2 ogni anno”, ha spiegato la dottoressa Hua Cai, coordinatrice dello studio. “Crediamo che ridurre il sovraconsumo porterà a una riduzione comparabile a quella di un cambio strutturale della dieta, come diventare vegetariani”.

Il problema è la quantità

Ma come anticipato, un altro dei riscontri è stato che l’intensità carbonica del cibo spazzatura è alta perché si acquistano grossi volumi di prodotti, più del necessario. Le confezioni extralarge sono infatti in proporzione più convenienti. Il problema è più marcato nei nuclei famigliari composti da una o due persone. La conseguenza è che si tende a buttare più cibo e ad aumentare l’impatto sul clima.

Soluzioni al problema potrebbero arrivare dai produttori alimentari, introducendo e rendendo più economiche le confezioni più piccole e la merce sfusa. Sullo sfondo, tuttavia, rimane un problema: molte persone non possono permettersi di comprare cibo salutare al posto del junk food. I ricercatori sostengono che se tutti gli americani riducessero solo del 10 percento l’acquisto di cibo pronto, si otterrebbe una riduzione di 1,2 tonnellate di Co2 all’anno.

L’analisi australiana

A supporto di questo studio sul cibo spazzatura, c’è anche un lavoro australiano. Si tratta di una revisione di 20 studi sull’impatto ambientale del consumo alimentare in Australia e in Nuova Zelanda, condotta dalla dietologa dell’università del South Australia, Sara Forbes. Nonostante le differenze tra i due Paesi, sono emerse delle chiare tendenze: produrre alimenti discrezionali, espressione con cui ci si riferisce al cibo spazzatura, richiede “una maggiore quantità di terre da coltivare”, causa “una maggiore carenza d’acqua e ha un’impronta ecologica più grande”, secondo Forbes.

Mettere nel mirino il consumo di junk food non deve tuttavia far dimenticare il peso che hanno in termini di emissioni la produzione e il consumo di carne e latticini, così come altri fattori. Piuttosto deve farci capire che per ridurre l’impatto delle nostre abitudini alimentari sul clima possiamo agire in molteplici direzioni: evitare snack e simili, cambiare (anche solo parzialmente) dieta, ridurre gli sprechi di cibo, preferire i prodotti stagionali e chilometro zero, ecc. In estrema sintesi, diventare consumatori più consapevoli.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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