Cos’è la cavatura del tartufo?

Nel nostro Paese la cavatura del tartufo è una pratica diffusa a cui si dedicano migliaia di persone. Il pregiato fungo sotterraneo dalle caratteristiche uniche rappresenta un ambito premio, ma il percorso per ottenerlo non è certo in discesa. Tra cani da addestrare, esami da superare e strumenti da radunare, gli ostacoli sono molti. La domanda sorge allora spontanea: come opera davvero un tartufaio?

Il tartufo
Cerca e cavatura del tartufo richiedono una profonda conoscenza del traguardo inseguito. Il tartufo è un fungo ipogeo, che cresce a una profondità compresa tra pochi centimetri e 1 m. Esso si sviluppa in simbiosi con diversi tipi di alberi, fra cui querce, lecci, faggi e noccioli e il tipo di pianta è fondamentale per determinarne aroma e profumo che il tartufo sprigiona. Il tipo di suolo ne stabilisce invece la forma. Un terreno più morbido porterà il tartufo a crescere più liscio e sferico, mentre in uno più duro il fungo si presenterà bitorzoluto. Una volta colto il tartufo viene utilizzato a crudo per lo più su paste e risotti e può raggiungere un prezzo di 400 € al kg.
La cavatura del tartufo
La cavatura del tartufo desta la curiosità di molti. Per poterla intraprendere è, però, necessario un tesserino da tartufai, ottenibile tramite specifici corsi di formazione. A essere protagonista è, poi, il cane, ausilio gradito e obbligatorio. In passato gli animali prescelti erano i maiali, ma, data la loro ingordigia, sostituirli con Fido è stato quasi naturale. Il cane si occupa, dunque, della ricerca e indica al padrone dove scavare, consentendogli di circoscrivere il proprio impatto. Il vanghetto, apposito strumento dalla larghezza alla punta di massimo 6 cm, permette, poi, di non danneggiare le radici delle piante. Ogni tartufaio è, infine, tenuto a ricoprire le buche, così da favorire la crescita di nuovi funghi nel sito.
Una tradizione fatta di regole
La cavatura del tartufo non è una pratica affidata alla casualità. Ogni tartufaio deve avere una profonda conoscenza dell’ambiente in cui si appresta a effettuare la ricerca e nozioni ben precise sulla materia prima per non esporsi a pericoli. In natura crescono, per esempio, 100 specie di tartufi, ma solo 9 risultano commestibili. Attenersi ai regolamenti è, poi, un altro obbligo imprescindibile. Ciascuna specie di tartufo può essere colta solo in specifici periodi dell’anno e ogni tartufaio non può portare via più di 2 kg dei pregiati funghi per volta. Cogliere tartufi acerbi è vietato, mentre rimettere al loro posto quelli troppo maturi o marci, per non alterare i cicli naturali, è un dovere.
La cavatura del tartufo, insieme alla cerchia, è di recente diventata patrimonio Unesco in Italia, come tradizione. All’interno di essa l’uomo, per poter ottenere dalla natura ciò che desidera, non può che mettersi a servizio di quest’ultima, impegnandosi a preservare e a non alterare. Una volta capito quanta fatica si nasconde dietro a un singolo piatto di tagliatelle, forse, non trasalire davanti al conto diventerà persino un po’più facile.
