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La roccia a forma di elefante in Sardegna: come si è formata e dove si trova

La roccia a forma di elefante in Sardegna: come si è formata e dove si trova

Il suggestivo masso di roccia che ricorda un elefante è situato a pochi chilometri da Castelsardo e nella sua struttura nasconde delle tombe preistoriche

Pioggia, vento e tempo possono essere dei grandi scultori. Lo dimostra la suggestiva roccia a forma di elefante nelle vicinanze di Castelsardo, provincia di Sassari, nota appunto come Roccia dell’Elefante. La straordinaria opera della natura si trova in località Multeddu, a bordo della strada statale che collega il Comune sulla costa settentrionale dell’isola alla vicina Sedini. Non si tratta, però, solo di una semplice roccia che ricorda un pachiderma. Questa meraviglia paesaggistica nasconde infatti alcune curiosità storiche e archeologiche, visibili solo grazie a una visita più attenta.

Il suggestivo masso di roccia che ricorda un elefante è situato a pochi chilometri da Castelsardo, in Sardegna

La Roccia dell'elefante in Sardegna

La roccia a forma di elefante di Castelsardo era conosciuta, anche nei documenti ufficiali, come ''sa pedra pertunta'', ovvero “la pietra trasformata”, nome dialettale con cui si volle porre l’accento sulla sua particolare conformazione. Si tratta di un grosso masso, alto circa quattro metri, formato da rocce vulcaniche (trachite e andesite) dall’acceso color ruggine. In origine faceva parte del complesso roccioso di monte Castellazzu dal quale si staccò rotolando nella vallata sottostante e andandosi a collocare nell’attuale posizione, a pochi chilometri dal golfo dell’Asinara.

Qui, gli agenti atmosferici (pioggia e vento) lo hanno “scolpito” donandogli l’attuale conformazione. L’elefante roccioso è rivolto verso la strada, con la proboscide protesa verso la carreggiata quasi a voler salutare gli automobilisti di passaggio. Il primo ad associare la forma del masso all’elefante fu lo studioso Edoardo Benetti nel 1914. Da quel momento, iniziò a essere chiamata come è conosciuto oggi: Roccia dell’Elefante.

Le tombe nascoste

Ma dietro, o meglio, sotto la roccia a forma di elefante sarda, c’è molto di più. Alla base della struttura sono presenti infatti delle aperture quadrangolari scavate nella masso, disposte su due livelli. Sono gli accessi a due sepolture preistoriche conosciute come domus de janas (espressione tradotta con “case delle fate”). Si tratta di sepolcri tipici della Sardegna prenuragica, periodo antecedente alla civiltà nuragica (tra il VI millennio a.C. alla fine del III millennio a.C.). Quello al livello più basso è il meglio conservato.

Secondo gli studi, a costruire queste due camere come tempi rituali sarebbero stati gli Sherdana (o Sherden), popolazione inclusa nella coalizione dei popoli del mare e spesso identificata con il popolo degli Antichi Sardi (anche se sul tema il dibattito è ancora aperto). All’interno di entrambi i sepolcri, sono visibili anche dei bassorilievi sulle pareti (nel gergo artistico, protomi) raffiguranti corna di toro, rappresentazioni molto diffuse tra le antiche civiltà del Mediterraneo.

La candidatura all’Unesco

Presto la roccia a forma di elefante della Sardegna potrebbe finire sotto la tutela dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Nel 2021, il ministero della Cultura ha comunicato al Comune di Castelsardo che la richiesta è stata trasmessa alla rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unesco per il successivo inoltro al Centro del Patrimonio Mondiale di Parigi. La candidatura non riguarda solo questo sito paesaggistico-archeologico, ma un gruppo più ampio di domus de janas sarde promosso da una rete di comuni con il titolo “Arte e architettura nella Preistoria della Sardegna”. Il masso con la proboscide non è l’unico esempio di “scultura naturale” nel mondo, ma di sicuro è uno di quelli suggestivi e vicini a noi. Una tappa irrinunciabile in caso di vacanza in terra sassarese.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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