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Poke, dalle Hawaii fino a noi

Poke, dalle Hawaii fino a noi

Ogni anno le nostre conoscenze gastronomiche si allargano sempre di più ed abbracciano nuovi fronti: è il turno delle soleggiate Hawaii e delle loro poke, le ciotole più colorate ed healthy che ci siano dopo le cosiddette açai bowl di cui, non temete, abbiamo già parlato qui. Buonissime da mangiare e semplici da ricreare anche a casa, una volta provate saranno un pasto sano, fresco e veloce di cui non potrete fare a meno.

Semplicissimo da realizzare

Come primo passo per avvicinarci a questo esotico piatto sappiate che si scrive poke ma si pronuncia poh-kay, traducibile in «tagliato a tocchetti» e che, all’origine, era un piatto povero consumato dai pescatori. Esso consiste semplicemente in pesce crudo tagliato a dadini, marinato nella salsa di soia, condito con semi di sesamo e unito, ma non mescolato, a riso o insalata ed altri ingredienti a scelta dello chef: pomodori, germogli di soia, avocado, mango, noci di macadamia e via dicendo. Solitamente viene servito in monoporzioni, con qualche eccezione, e viene realizzato con tonno fresco, sostituito,se si preferisce, dal polpo.

Sempre presente sulle tavole hawaiane

All’apparenza può sembrare un piatto nuovo e di tendenza, di quelli destinati a scomparire nel giro di qualche stagione, ma in realtà il poke ha già secoli di storia alle spalle. Alle Hawaii, luogo d’origine, lo si può trovare ovunque: come piatto unico o antipasto, è presente dai ristoranti ai supermarket, passando addirittura per le piccole botteghe alimentari che si trovano alle pompe di benzina; ciascuno di questi luoghi offre una vastissima scelta, come Ahi limu (tonno pinna gialla con alghe), uova di salmone piccanti, todu con salsa di soia, sesamo e cipolla verde, per dirne alcuni.

Ma nel resto del mondo?

Dalle Hawaii il poke è dunque sbarcato nel resto degli Stati Uniti prima ed in Europa poi. Negli Usa è molto richiesto a New York, dove assume nuove forme che comprendono ingredienti inusuali come la quinoa, e a Los Angeles, dove esiste già il Californian poke, mentre nel Vecchio Continente va per la maggiore a Londra, dove gli chef o i clienti stessi inventano giornalmente nuove combinazioni potendo scegliere e mescolare a proprio piacimento gli ingredienti a loro disposizione.

Ed è così che pian piano il poke è arrivato anche da noi, sia in una versione più semplice, da consumare tutti i giorni, che in veste gourmet, con ingredienti come nocciole tostate, wonton fritto, ishikura (un cipollotto giapponese), pak choy ed olio al tè matcha, per dirne alcuni.

Innovazioni non troppo gradite

Ahimè gli hawaiani non hanno apprezzato molto le nuove sembianze del poke, tanto che lo chef Mark Noguchi ha scritto un articolo per il First We Feast a nome di molte persone locali sottolineando il proprio risentimento e ricordando che per fare affari è necessario conoscere e rispettare la provenienza del piatto in questione. Lo chef, ha però aggiunto quanto sia allo stesso tempo positivo e utile far conoscere una piccola parte delle isole Hawaii a tutti coloro che non le abitano.

Probabilmente questo è solo l’inizio del successo del poke in Italia e nel resto del mondo, complice la sua somiglianza con il molto più conosciuto sushi (sembra quasi una sua versione scomposta). Non ci resta che provarlo ed aspettare di scoprire a quale strada è destinato: seguirà la tradizione o nasceranno sempre più varianti? Staremo a vedere.


Allegra Germani
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Allegra di nome e di fatto, ho 22 anni, studio Scienze Gastronomiche e non so ancora cosa fare della mia vita se non girare il mondo per riempirmi gli occhi e la bocca di cose buone.
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