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I segreti del famigerato tè matcha

I segreti del famigerato tè matcha

Un rito giapponese tra i più importanti quello legato a questa eccellente varietà di tè, quasi a rendere onore alle sue innumerevoli proprietà.

Negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa un tipo di tè decisamente particolare, tanto da spiccare nel panorama per la sua originalità, almeno per chi di noi non mastica cultura e storia giapponese. Stiamo parlando del tè matcha, ormai un must per chiunque si occupi di wellness e benessere in generale, considerato per le sue proprietà alla stregua di un elisir dalle mirabolanti proprietà benefiche. Ma sarà tutto vero?

I giapponesi e il rito del tè

Si hanno prove del suo impiego attorno agli ultimi secoli del primo millennio, in corrispondenza della dinastia Tang, quando le foglie di alcune varietà di venivano cotte al vapore. Finito questo primo procedimento le foglie erano pressate tra due specie di mattoni e così preparate per il trasporto, la conservazione e il conseguente commercio.

Quando la bevanda doveva essere preparata le foglie venivano prese, polverizzate e scaldate, per poi essere miscelate all’acqua bollente, senza dimenticare l’aggiunta di un pizzico di sale. Qualche secolo più tardi, durante la dinastia Song, prese forma quel rito del tè che ancora oggi è rimasto praticamente invariato, fino a divenire un preciso rituale scandito nel primo codice monastico chan, redatto nel (1103), in cui viene dettagliatamente descritto il galateo per la cerimonia del tè.

Ecco allora svelato il Cha no yu (acqua calda per il tè), o come dicevamo poco sopra ‘cerimonia del tè’, un rito con risvolti sociali e spirituali ancora praticato in Giappone, conosciuto anche col nome di Chadō o Sadō. Tra le arti Zen è una delle più note e, come tutti i riti che si rispettino ha delle declinazioni particolari a seconda della circostanza. Esiste innanzitutto una distinzione tra tè denso (koicha) e tè leggero (usucha), distinzione fatta in base, tra le altre cose, all’età della foglia e della pianta di tè.

Nelle precise indicazioni sull’esecuzione di questo rito sono ovviamente compresi anche gli strumenti da impiegare, e anche questi possono variare in base alle tipologie che abbiamo distinto prima, come il chaki, il contenitore in cui va conservato il tè matcha in polvere prima di essere portato nella stanza del tè, o ancora il chasen, un frustino di bambù con cui si mescola il matcha, che nella versione leggera, tra le altre cose, provoca la formazione di una gradevolissima schiuma. C’è anche il chashaku un cucchiaio sempre fatto di bambù con cui si raccoglie il tè in polvere dal suo contenitore.

Interessante come il matcha fosse impiegato dai monaci Zen per mantenersi svegli e lucidi nelle interminabili sessioni meditative, proprio in relazione alle sue proprietà, a loro volta legate al particolare metodo di lavorazione, produzione e preparazione.

Tè Matcha, il numero uno per il sacerdote Zen!

Noi occidentali possiamo solo far finta di capire, ma le estenuanti ore passate a meditare dai monaci Zen non devono essere state il massimo dell’intrattenimento, ed è proprio per questo che a loro occorreva una bevanda in grado di ravvivare come un fuoco energia e concentrazione, ed è qui che entrano in gioco le proprietà di questo tè.

In combinazione con la caffeina troviamo un amminoacido estremamente interessante l’L-teanina, le cui proprietà si intersecano alla perfezione con quelle eccitanti che abbiamo visto poco più su. È in grado di ridurre lo stress mentale oltre che fisico, e può produrre una sensazione di rilassamento. Alcuni studi suggeriscono che potrebbe anche avere effetti neuroprotettivi e di potenziamento del sistema immunitario.

La solita scienza guastafeste

Quindi da domani solo matcha colazione, pranzo e cena? Non così in fretta purtroppo, perché alcuni studi hanno suggerito che forse tutto questo entusiasmo non è poi così giustificato. Una delle proprietà più interessanti, quella antitumorale, secondo il National Cancer Institute of the US non sarebbe spostenuta da alcuna prova, anzi, più di 50 studi epidemiologici presi in considerazione sulla correlazione tra consumo di tè e rischi legati al cancro pubblicati fino al 2006 avrebbero dimostrato che “The results of these studies have often been inconsistent, but some have linked tea consumption to reduced risks of cancers of the colon, breast, ovary, prostate, and lung.” affermazioni decisamente più contenute rispetto a quelle che si possono leggere su alcune fonti sparse in rete.

Notizie un po’ migliori per quanto riguardo la perdita di peso, visto che un altro studio, questa volta dell’American Journal of Clinical Nutrition avrebbe concluso che il tè matcha “might be useful in the prevention and improvement of lifestyle-related diseases, mainly obesity”. Ancora una volta i toni sono veramente poco sensazionalistici, va certamente sottolineato. Altri test clinici avrebbe inoltre dimostrato che il contenuto di caffeina sarebbe solo pari a “24–39mg per cup”, praticamente meno della metà di quanto riportato da altre fonti.

Innanzitutto la caffeina, o meno correttamente teina, è sicuramente più abbondante che nelle altre varietà di questa bevanda, basti pensare che una tazza (236ml) di tè verde, secondo caffeineinformer.com, contiene 25 mg di caffeina, mentre la stessa quantità di matcha ne contiene 70 mg.

Per avere un ulteriore riferimento, un’equivalente tazza di caffè americano ne conterebbe circa 100 mg.

Un altro aspetto interessante è il suo contenuto di antiossidanti, ne è ricco di una classe particolare, gli EGCG, che aiutano a prevenire la degenerazione delle cellule e quindi rallentano l’invecchiamento precoce, oltre che essere considerato un potente anticancerogeno, tenendo particolarmente conto del fatto che ne fornirebbe quasi dieci volte di più di un normale tè verde. A questo punto va fatta una giusta precisazione: la differenza maggiore con i tè tradizionali, nonché uno dei motivi per cui le sue proprietà sono in qualche modo più intense rispetto agli altri preparati, è che nel matcha la polvere di tè rimane in sospensione all’interno della bevanda, per cui non ci si limita ad estrarne le componenti solubili con il calore, ma si consuma la foglia stessa triturata, aumentando esponenzialmente la quantità di effettivo tè.

A peggiorare ancora di più la situazione ci pensano i metodi di preparazione: se infatti il tè matcha può essere impiegato in una miriade di preparazioni, dai dolci, alle creme, passando per il latte macchiato verde dei bar più alla moda, le sue proprietà vengono drasticamente modificate in base all’uso che se ne fa. Per semplificare, possiamo dire che meno calore e tempo agiscono sulla polvere di tè meno i principi positivi che dovrebbe esercitare sul nostro organismo hanno il tempo di “liberarsi”.

Ancora una volta siamo obbligati a rimanere con i piedi per terra: niente super food in grado di trasformarci in perfetti salutisti, nessuna scorciatoia verso la pace della mente e dello spirito o la pancia piatta, e per la vita eterna (o almeno qualcosa che le si avvicini) rimane una sola ricetta: una dieta varia ed equilibrata.


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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