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Foreste, un nuovo studio avvisa: "L'Amazzonia collasserà entro il 2064"

Foreste, un nuovo studio avvisa: "L'Amazzonia collasserà entro il 2064"

I lunghi periodi di siccità fanno diminuire le piogge. A rischio la sicurezza idrica di moltissime persone, ma anche la biodiversità e il clima mondiale

L’Amazzonia non si riprende più. È l’avviso lanciato dal geologo Robert Toovey Walker (Università della Florida ) in un report pubblicato sul giornale scientifico Environment: Science and Policy for Sustainable Development. Il polmone verde del pianeta, secondo Walker, non ha più i suoi tempi di recupero dai periodi di siccità e di incendi intensi. Di conseguenza, non è più in grado di produrre come in passato precipitazioni tipiche. Di più: lo studioso dice che se la stagione secca continuerà a trasformarsi al ritmo attuale, l’Amazzonia collasserà entro il 2064 (cinque anni prima di quanto previsto in precedenza), trasformandosi in un'arida distesa di arbusti.

L'Amazzonia resta il collasso entro il 2064 per i sempre più lunghi tempi di siccità

La pompa si sta rompendo

Gli effetti sarebbero disastrosi per tutti i popoli del Sud America che contano su quelle piogge per il loro fabbisogno d’acqua. Per natura, una foresta pluviale autogenera le proprie precipitazioni, garantendo la vita del rigoglioso ambiente che conserva e delle persone che la abitano. La resilienza alla siccità di questi ecosistemi è tuttavia limitata: possono riprendersi da brevi periodi aridi, ma quando questi si allungano e sono favoriti da fenomeni di sfruttamento intensivo e dalla crisi climatica, la sopravvivenza delle foreste inizia a essere minacciata. Piante e arbusti facilmente infiammabili iniziano così a insediarsi stabilmente al posto della vegetazione tipica, favorendo nuovi incendi.

Walker usa la metafora della pompa per rendere l’idea. “La foresta ricicla l’umidità, processo che permette di avere le piogge nella regione. Se si continua a distruggere la foresta, la quota di precipitazioni crolla. E nel peggiore dei casi, si rompe la pompa”, ha spiegato. “Una foresta non può resistere se la sua canopia (lo strato superiore formato dalle chiome mature degli alberi ndr) necessita di più di quattro anni per riprendersi da eventi di siccità a cadenza annua.

Il problema dello sfruttamento

Eventi che sono esacerbati dalla minaccia dell’uomo. Oltre agli incendi, anche la deforestazione (spesso collegata agli incendi) sta facendo grossi danni. Ad aumentarne l’intensità, la necessità delle industrie di terreni per i pascoli di bestiame e per la coltivazione di soia (ingrediente con cui nutrire gli animali). Negli ultimi anni, si è aggiunta anche la ricerca illegale dell’oro, che amplifica il disboscamento e causa l’inquinamento dei fiumi.

Questi fenomeni sono stati favoriti dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro, notoriamente antiambientalista. Sotto la sua presidenza, la deforestazione ha raggiunto il livello più elevato degli ultimi 12 anni. Walker ha calcolato che, da quando è iniziato lo sfruttamento intensivo, la superficie dell’Amazzonia è diminuita del 20 percento. In più, la stagione secca nella regione meridionale si è allungata di 6,5 giorni per decennio. Lo studio prevede che, una volta perso il 30-50 percento della foresta nel Sud, si verificherà un crollo delle piogge fino al 40 percento nelle zone a ovest. E l’ambiente lussureggiante si trasformerà defintivamente in un’arida savana.

Non solo acqua

In ballo non c’è solo la sicurezza idrica dei sudamericani. Il collasso dell’Amazzonia rischia di portare all’estinzione di moltissime piante e animali che vivono nel suo ecosistema e alla perdita di potenziali scoperte mediche e nuovi cibi che si nascondono in questa ricca biodiversità. Ma l’allarme riguarda tutto il pianeta. Essendo una gigantesca spugna che assorbe l’anidride carbonica, la foresta ha una funzione regolatrice importante per la temperatura mondiale. La sua perdita, quindi, porterebbe il clima a impazzire ulteriormente.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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