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Ecco come il bando dei CFC ha salvato il pianeta

Ecco come il bando dei CFC ha salvato il pianeta

La coraggiosa messa al bando dei CFC col Protocollo di Montreal nel 1987 avrebbe salvato la vita sul pianeta così come la conosciamo.

Senza la messa al bando dei CFC, i gas clorofluorocarburi, la vita sul pianeta oggi sarebbe molto diversa. Secondo i ricercatori che studiano l’impatto del Protocollo di Montreal, ci troveremmo di fronte a un deserto. Una “terra bruciata” dove le radiazioni solari metterebbero a rischio la vita come la conosciamo. Lo scenario arriva grazie ad un nuovo modello realizzato da un team internazionale tra Regno Unito, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Insomma, per una volta tanto una scelta coraggiosa della politica internazionale avrebbe portato il pianeta sulla giusta strada.

bando cfc

Bando dei CFC e strato di ozono

L’ozono è un gas composto da tre atomi di ossigeno che contribuisce a proteggere il pianeta assorbendo parte della radiazione ultravioletta emessa dal sole. L’utilizzo intensivo di clorofluorocarburi nell’industria e nella vita quotidiana aveva generato un “buco” nello strato, assottigliando le difese del nostro pianeta contro i raggi UV che arrivano dalla nostra stella. Troppe radiazioni sono un rischio non solo per esseri umani e animali ma anche per le piante e la maggior parte delle forme di vita presenti sulla Terra. Col Protocollo di Montreal nel 1987 la maggioranza dei governi mondiali mise al bando i CFC, vietandone utilizzo e produzione. Una scelta che oggi si è rivelata molto più decisiva di quanto si pensasse 34 anni fa.

Gli effetti del Protocollo di Montreal

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature, mostra i possibili effetti sul pianeta senza il bando dei CFC. Secondo i ricercatori esisterebbe infatti un legame tra il buco nello strato di ozono e il fenomeno del riscaldamento globale. Se i CFC fossero rimasti incontrollati, il loro uso continuato avrebbe contribuito all'aumento della temperatura globale di ulteriori 2,5 °C entro la fine del secolo con conseguenze terribili sul clima. Il protocollo di Montreal avrebbe protetto la Terra in due modi: tutelando lo strato di ozono e limitando l’effetto serra dei gas. Inoltre, proteggendo le piante dai raggi UV avrebbe protetto la loro capacità di agire come “assorbitori” di CO2. La riduzione di questa capacità avrebbe finito per accelerare gli effetti della crisi climatica già in atto.

Una Terra “bruciata”

I modelli dei ricercatori mostrano come in un mondo senza il Protocollo di Montreal e il bando dei CFC la quantità di carbonio assorbita da piante sarebbe crollata drasticamente. La continua crescita dell’utilizzo di CFC avrebbe portato a un collasso mondiale dello strato di ozono entro il 2040. Con un ozono praticamente scomparso ci sarebbero stati 580 miliardi di tonnellate di carbonio in più nell’atmosfera, il 50% in più rispetto ai livelli attuali. L’azione combinata dell’aumento di CO2 e l’effetto serra causato dai CFC avrebbe portato ad un amento delle temperature di un ulteriore 2,5°C rispetto a quello già previsto per il 2100, con conseguenze terribili per la vita sul pianeta. Una vera e propria “Terra bruciata”.

Bando dei CFC: un modello da seguire

Fortunatamente nel 1987 i governi mondiali hanno intuito il rischio posto da un utilizzo indiscriminato dei clorofluorocarburi. Grazie al bando dei CFC è stato possibile prevenire una catastrofe naturale di proporzioni globali. Si tratta di un esempio di successo, una storia di coraggio e determinazione a livello internazionale che avrebbe molto da insegnare su come affrontare i problemi che oggi affliggo nostro il pianeta, dall’abuso di plastica alle emissioni di CO2.

Nel 1987 tuttavia la scelta è stata più semplice: solo poche aziende al mondo erano responsabili della produzione di CFC e sostanze alternative erano già facilmente disponibili. Le emissioni di CO2 e l’emergenza della plastica sono invece problemi più pervasivi e più difficili da risolvere che con un semplice colpo di spugna.


denis venturi
Denis Venturi
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Laureato in Scienze Politiche e Comunicazione Pubblica, ha lavorato in radio e nel tempo libero si dedica alla scrittura creativa. Da sempre appassionato di cultura, scienza e tecnologia è costantemente a caccia di nuove curiosità in grado di cambiare il mondo in cui viviamo.
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