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Crisi climatica: le temperature estreme aumentano i messaggi di odio sui social

Crisi climatica: le temperature estreme aumentano i messaggi di odio sui social

Una ricerca dice che sono soprattutto le temperature sopra i 30° a far crescere i messaggi di odio sui social network, fenomeno noto come hate speech

La crisi climatica aumenta i messaggi di odio sui social network. È quanto afferma una nuova ricerca realizzata dal Potsdam Institute for Climate Impact Research e pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health. Lo studio ha messo in luce la correlazione tra temperature estreme e incremento del fenomeno noto come hate speech, i discorsi che prendono di mira una persona o minoranze specifiche soprattutto online. Un effetto allarmante sul piano della sanità pubblica: i post aggressivi possono infatti avere degli impatti negativi sulla salute mentale dei soggetti più fragili a cui sono indirizzati.

Crisi climatica, le temperature estreme aumentano i messaggi di odio sui social
Foto: Elisa Ventur @Unsplash

Temperature estreme e odio sui social

La ricerca che ha messo in luce il legame tra temperature estreme e aumento dei messaggi di odio sui social network si basa sull’analisi di una grande mole di post pubblicati su Twitter negli Stati Uniti, tra il 2014 e il 2020. I risultati finali hanno dimostrato che quando la colonnina di mercurio sale o scende troppo, i discorsi classificabili come hate speech si moltiplicano. La maggiore intensificazione del fenomeno si ha però quando le temperature sfondano il muro dei 30°, fatto sempre più frequente in giro per il mondo negli ultimi anni.

I ricercatori hanno identificato anche una “finestra di benessere”, compresa tra i 12° e i 21°, in cui i numeri dei messaggi di odio pubblicati sui social sono bassi. In particolare, il livello minimo di hate speech è stato registrato tra i 15° e i 18°. Questa finestra è approssimativa e può variare in base alla zona climatica di residenza e alle temperature tipiche di una specifica area. L’incremento dell’odio online sopra i 30°, invece, si riscontra indipendentemente dalla zona climatica in cui si trovano gli utenti. È slegato inoltre da differenze socioeconomiche come reddito, religione e appartenenza politica.

I limiti dell’adattamento ai cambiamenti climatici

Abbiamo visto che all’esterno della ‘finestra di benessere’, in tutti gli Stati Uniti l’odio online aumenta del 12 per cento con le temperature più fredde e fino al 22 per cento con quelle più calde”, ha dichiarato in un comunicato del Potsdam Institute Annika Stechemesser, prima autrice dello studio.

Tutto ciò evidenzia dei limiti all’adattamento dell’uomo ai cambiamenti climatici, secondo gli esperti. “Anche nelle aree ad alto reddito, dove le persone possono permettersi l’aria condizionata e altri soluzione per mitigare il caldo, osserviamo un aumento dell’hate speech soprattutto nei giorni di caldo estremo”, ha spiegato Anders Levermann, responsabile in Scienza della Complessità al Potsdam Institute e coautore dello studio. “In altre parole: c’è un limite a ciò che le persone possono sopportare. Quindi, ci sono dei limiti di adattamento alle temperature estreme e sono più bassi di quelli fissati dai nostri limiti psicologici”.

La ricerca

Fondamentale per arrivare a questi risultati è stato l’uso del machine learning. All’algoritmo interessato sono stati fatti analizzare oltre quattro miliardi di tweet postati dagli utenti americani tra i quali sono stati identificati circa 75 milioni di messaggio di odio. Questi sono stati poi incrociati con i dati meteorologici per permettere agli autori di comprendere come il numero di post aggressivi cambiava a seconda del fatto che le temperature crescessero o diminuissero.

Le implicazioni sulla salute dell’odio social

L’incremento dell’aggressività online e i sui social network a causa delle temperature estreme può avere conseguenze negative sul benessere della collettività. In primis, sulla salute mentale delle vittime che subiscono questo odio. “La letteratura psicologica ci dice che l’odio online può aggravare le condizioni di salute mentale soprattutto delle persone giovani e dei gruppi socialmente marginalizzati”, ha spiegato Stechemesser.

Questi messaggi possono essere inoltre una spia predittiva del verificarsi di crimini d’odio offline. “I nostri risultati evidenziano che l’hate speech è un nuovo canale attraverso il quale la crisi climatica può colpire la coesione sociale e la salute mentale delle persone in generale”, ha aggiunto Leonie Wenz, altra ricercatrice dell’Istituto che ha lavorato allo studio. “Ciò significa che tagliare le emissioni inquinanti molto rapidamente e drasticamente non porterà solo un beneficio al pianeta. Proteggere il nostro clima da un eccessivo riscaldamento globale è fondamentale anche per la nostra salute mentale”.

 

Fonti: Potsdam Institute for Climate Impact Research - The Lancet Planetary Health

Le informazioni contenute in questo articolo sono da intendersi a puro scopo informativo e divulgativo e non devono essere intese in alcun modo come diagnosi, prognosi o terapie da sostituirsi a quelle farmacologiche eventualmente in atto. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. L’autore ed il sito declinano ogni responsabilità rispetto ad eventuali reazione indesiderate.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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