COVID-19 e natura: ecco l’impatto ambientale della pandemia
Secondo un report basato su immagini satellitari raccolte da Nasa ed ESA, l’impatto ambientale della pandemia è più complesso di quanto ritenessimo. Le ricerche sono ancora in corso, ma le ripercussioni dei lockdown su inquinamento atmosferico e foreste appaiono evidenti, come quelle su acqua e neve. Le nuove prospettive aperte sono molte e ora è il momento di non invertire la rotta.

Atmosfera e foreste:
Per comprendere l’impatto ambientale della pandemia le immagini dallo spazio sono state fondamentali. Grazie ai satelliti NASA/USGS Landsat e ESA's Sentinel-2, la diminuzione dell’inquinamento atmosferico è apparsa evidente. In India, per esempio, la concentrazione di PM 10 è scesa di un terzo. In molte città, poi, la NO2 durante i lockdown è calata del 50%. Per un periodo la coltre di smog sopra Los Angeles si è dissolta e le vette dell’Himalaya sono tornate visibili. La pandemia ha influito anche sulle foreste. In alcuni Paesi, fra cui il Brasile, i controlli sono diminuiti e sono state rase al suolo vaste aree. In altri, come la Colombia, durante gli stop il tasso di deforestazione è diminuito.
Acqua e neve:
L’impatto ambientale della pandemia ha investito più settori. Nima Pahlevan della NASA si è dedicata alla qualità dell’acqua. Dopo aver osservato torbidità e sospensione di sostanze come la clorofilla-a in vari bacini ha confrontato i dati con quelli precedenti. I miglioramenti, spesso, sono apparsi evidenti. Grazie al cambio di stile di vita di 2.1 milioni di pendolari o fuori sede, a Manhattan, la torbidità dello Hudson River è scesa del 40%. Ned Bair della University of California si è invece concentrato sulla neve. Nella zona dell’Indo le polveri atmosferiche accumulatesi su di essa sono diminuite e l’albedo è aumentato. Il disgelo è stato dunque più graduale e per 300 milioni di persone questo ha significato una minor dispersione di acqua.
Nuove prospettive:
Gli studi sull’impatto ambientale della pandemia non possono certo dirsi conclusi. Timothy Newman del United States Geological Survey ha spiegato che, per attribuire cambiamenti ambientali al COVID-19, serviranno ulteriori ricerche. Pahlevan ha invece avvertito che i risultati ottenuti non possono essere considerati permanenti. Molti ecosistemi, fra cui quelli acquatici, hanno mostrato grande capacità di rigenerazione. Lockdown e rallentamenti dell’attività industriale risultano però non sostenibili a livello sociale ed economico e attuarli periodicamente è, dunque, impensabile. I governi si troveranno, comunque, di fronte a delle scelte e i dati rilevati non potranno essere ignorati.
L’impatto ambientale della pandemia è apparso, insomma, ambiguo. Il COVID-19 ci ha aiutato a vedere com’è vivere in un mondo più pulito ma, in diversi luoghi, la necessità di una ripresa ha trasformato i traguardi raggiunti in involuzioni. L’umanità sta affrontando uno dei periodi più difficili della propria storia, ma saperne cogliere gli insegnamenti potrebbe rendere il futuro un po’ meno incerto.

Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.
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