Conservazione durante la pandemia: in Africa a rischio anni di progressi

Progredire nella conservazione durante la pandemia non è semplice e in Africa animali ed ecosistemi a rischio sono molti. A causa del calo del turismo, i fondi, già poco consistenti, cominciano a scarseggiare. Ranger e abitanti locali sono in difficoltà, mentre i bracconieri trovano ovunque terreno fertile. Intervenire sul sistema è ora un dovere e le possibilità non mancano.

Conservazione durante la pandemia
Promuovere la conservazione durante la pandemia si sta rivelando in Africa complicato. Un’indagine condotta da Tusk e Natural State ha sfruttato i dati di 60 organizzazioni in 19 stati e ha delineato una situazione allarmante. Molti dei fondi destinati alla conservazione derivano, infatti, dal turismo naturale, mercato che nel 2018 a livello globale ha prodotto più di 100 miliardi di dollari di guadagni. Nel 2021 le entrate del settore sono drasticamente diminuite, arrivando, nel caso del Kenya Wildlife Service, a un calo del 96%. Tre quarti delle comunità interpellate hanno affermato di aver percepito una diminuzione di efficienza nel monitoraggio della fauna selvatica e la natura ne risente.
Africa a rischio
A causa della pandemia le minacce alla conservazione, già consistenti, si stanno moltiplicando. In seguito al taglio nei fondi moltissimi ranger africani hanno perso il lavoro o sono stati costretti a rinunciare a un’adeguata attrezzatura. Ciò li ha esposti a grandi pericoli e ha inevitabilmente favorito il bracconaggio. Tra maggio e luglio del 2020 il numero di trappole individuate nel Hwange National Park in Zimbabwe è risultato dell’8000% più alto della media. Nello stesso stato le zanne di elefante recuperate da cacciatori illegali sono state 38 nel 2019, 120 nel 2020 e più di 150 nel 2021 Il disboscamento illegale sta dilagando e le associazioni riferiscono anche un aumento del 57% della caccia di sussistenza, dovuta alla crescente povertà diffusa.
Salvare i progressi
I dati hanno mostrato che per i progetti di conservazione in Africa la pandemia si sta rivelando una problematica pressante. Un sistema basato su uno stretto legame tra tutela della natura e turismo appare precario e la pandemia rappresenta un’occasione per ripensarlo. Molte associazioni propongono l’istituzione di una Conservation Basic Income. Si tratterebbe di un reddito fornito a chi vive a stretto contatto con fauna e ambienti a rischio per limitare il proprio impatto su di essi. Dare un valore economico ai servizi forniti dagli ecosistemi, come lo stoccaggio del carbonio, e inserirli in un mercato globale è un’altra tendenza in crescita. Attualmente tale commercio ha un valore di 40 miliardi di dollari annui e ci si attende un’accelerazione.
Promuovere la conservazione durante una pandemia rappresenta una sfida e la situazione dell'Africa ce lo ricorda. Gran parte dell’attenzione mediatica è spesso concentrata altrove, ma questa non è una giustificazione. Cambiamento climatico e bracconieri non possono essere messi in stand-by. Tutti ci auguriamo che la ripresa, che coinvolge anche il turismo, non subisca più arresti, ma non adagiarci su tale speranza è un dovere.
