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Clima, nuovo allarmante picco delle concentrazioni di gas serra nel 2020

Clima, nuovo allarmante picco delle concentrazioni di gas serra nel 2020

L’accumulo in atmosfera ha superato la media degli ultimi 10 anni nonostante la pandemia. E ora preoccupano anche le emissioni rilasciate dalla natura

Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera segnano un nuovo record. A comunicarlo è l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm). Nel suo bollettino annuale sulle emissioni climalteranti segnala che nel 2020, nonostante la pandemia, il loro accumulo è stato più alto rispetto alla media registrata nel decennio 2011-2020. Una notizia non proprio positiva, arrivata a pochi giorni dalla Cop26 a Glasgow chiamata a trovare una accordo più incisivo per combattere il riscaldamento globale.

L’accumulo in atmosfera di gas serra ha superato la media degli ultimi 10 anni nonostante la pandemia. E ora preoccupano anche le emissioni rilasciate dalla natura

Il nuovo dato record

Le emissioni presenti in atmosfera non sono dunque crollate, nonostante le prime politiche di transizione ecologica degli ultimi anni. Il Greenhouse Gas Bulletin della Omm indica che nel 2020 le concentrazioni hanno raggiunto quota 413,2 parti per milione e sono ora il 149 percento in più dei livelli antecedenti alla rivoluzione industriale. “Con questo tasso di crescita delle concentrazioni, alla fine di questo secolo vedremo la temperatura alzarsi molto di più rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi di 1,5 – 2° rispetto ai livelli preindustriali”, ha detto il segretario generale dell’Omm, il prof. Petteri Taalas. “Siamo molto fuori traiettoria”.

È vero, la pandemia di Covid-19, i lockdown e tutte le restrizioni che hanno rallentato le economie e le attività più inquinanti hanno determinato una diminuzione dei gas serra rilasciati (-5,6 di anidride carbonica a livello mondiale). Tutto questo però non ha portato a un grosso miglioramento della situazione. Come mai?

Perché non calano

Una delle ragioni è la capacità di assorbire le emissioni degli elementi naturali. Alberi, ma anche terreni e oceani sono le principali spugne che catturano i gas serra sputati nell’atmosfera. Eliminano circa la metà delle emissioni derivanti dalle attività umane. Il problema è che questa capacità è influenzata enormemente da molti fattori come le temperature e le piogge. Che a loro volta sono influenzati dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici.

Ma su questi mancati progressi c’entra anche il fatto che nell’ultimo decennio le emissioni di Co2 sono aumentate in maniera progressiva. In questo modo, anche con una notevole diminuzione dei gas serra sprigionati nel corso del 2020, non si è ottenuto un risultato tale da scendere sotto la media di concentrazioni osservata nell’ultimo decennio.

Le emissioni dalla natura preoccupano

Come se il problema non fosse già molto complesso, ora c’è anche un’altra fonte di preoccupazione per meteorologi e climatologi. Sono le emissioni che alcuni ambienti naturali potrebbero rilasciare in misura maggiore a causa del continuo aumento delle temperature. Insomma, un circolo vizioso. Le paludi, ad esempio, sono ecosistemi in grado di sprigionare metano, gas climalterante molto più potente della Co2. Circa il 40 percento del metano immesso in atmosfera viene proprio dalle attività dei microbi in ambienti come le paludi. Produzione che aumenta se fa più caldo e piove di più. Nel 2020 è stato registrato l’aumento maggiore da quando i livelli di metano globali hanno cominciato a crescere nel 2007. E la maggior parte veniva proprio dalla natura.

Un fenomeno simile è stato registrato anche in Amazzonia. Qui alcune parti della foresta stanno emettendo più Co2 di quella che riescono ad assorbire. Questo perché più le temperature crescono, più le precipitazioni calano e meno gli alberi riescono a catturare Co2 a causa di una condizione di stress. “In questo modo, la mortalità degli alberi è aumentata e smettono di catturare Co2”, ha detto la dottoressa Oksana Tarasova dell’Omm. “In aggiunta alle nostre emissioni, ne avremo anche dalle nostre foreste”.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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