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Che fine hanno fatto le città fantasma cinesi in Africa

Che fine hanno fatto le città fantasma cinesi in Africa

Avete più sentito parlare delle città fantasma cinesi in Africa? Tra il 2008 e il 2012 se ne è parlato molto, oasi nel deserto disabitate, ma qual è la situazione oggi?

Le città fantasma cinesi in Africa sono il sintomo evidente di un fenomeno molto complesso. Nel 2009 la Cina ha sorpassato gli Stati Uniti per investimenti nel continente africano, mettendosi saldamente al primo posto per quantità di denaro messa in gioco. Si parla di diverse decine di miliardi di dollari, parte dei quali sono andati a finanziare la costruzione di gigantesche opere urbane.

Le città fantasma cinesi in Africa

Nova Cidade de Kilamba, uno dei progetti che più a fatto scalpore in questo contesto, rappresenta un investimento di 3,5 miliardi di dollari, spesi dal China International Trust and Investment Corporation. La notizia ha colpito la stampa internazionale perché la città è rimasta deserta per anni e solo ultimamente il governo dell’Angola è riuscito a pianificare degli incentivi economici per rendere conveniente affittare uno degli oltre 100.000 appartamenti presenti in città.

Il fenomeno delle città fantasma però sembra molto diffuso: in Marocco è dal 2004 che si è cominciato a costruire, anche senza il supporto cinese, ma i risultati sono stati simili a quelli di Kilamba, con alloggi per un milione di persone ancora poco utilizzati. Anche l’Italia e l’Europa si muovono per finanziare progetti edili, come quello della nuova città di Mbankomo, e nel prossimo futuro si dovrebbero vedere i frutti di questo lavoro.

Perché i cinesi investono in Africa?

La domanda a questo punto sorge spontanea: perché la Cina è così interessata ad investire in Africa? Sembrano esserci diverse risposte in merito, e sono poche purtroppo quelle che non lasciano presagire qualche scenario nefasto, anche se nessuna è confermata come vera. Sembra certo che il gigante d’Oriente voglia aumentare enormemente la sua sfera di influenza, soprattutto su un mercato emergente come potrà diventare quello africano.

Questo renderebbe più facile però imbastire pratiche scorrette, come l’estrazione illegale di materie prima, di cui il continente africano è molto ricco. Altro aspetto che spaventa molto è il cosiddetto «outsourcing» dell’inquinamento: se la Cina ha bisogno di far girare la propria economia senza aumentare il già disastroso problema con l’inquinamento potrebbe decidere di portare alcune parti della propria gigantesca macchina industriale in Africa.

Nel frattempo anche nella stessa Cina sorgono intere nuove città, alcune ancora disabitate, in uno dei più imponenti piani di urbanizzazione che il paese asiatico abbia mai affrontato.


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