inNaturale
Home
>
Ambiente: la tecnologia può aiutare a riconvertire le terre agricole in foreste

Ambiente: la tecnologia può aiutare a riconvertire le terre agricole in foreste

Grazie a fattorie verticali, carne plant-based e latticini creati in laboratorio, è possibile riportare alberi nei terreni che oggi sono coltivati

I progressi tecnologici possono aiutare a strappare all’agricoltura, soprattutto a quella intensiva, ettari di terre da restituire alla natura. Oggi circa la metà della superficie abitabile del pianeta è utilizzata dal settore primario. Un’area che un millennio fa era quasi interamente ricoperta da boschi e foreste. Questo uso intensivo del suolo influisce sul cambiamento climatico per molti motivi. In primo luogo perché porta all’eliminazione di molti alberi, che, con la loro capacità di assorbire l’anidride carbonica nell’atmosfera, hanno una preziosa funzione regolatoria delle temperature e del clima.

La tecnologia, come le moderne fattorie verticali, può aiutare a riconvertire le terre agricole in foreste

Le fattorie verticali

Ma la tecnologia può aiutare a coltivare in modo diverso e a liverare aree da riforestare. Negli ultimi anni sono state messe in funzione le prime fattorie verticali. Una soluzione che, se venisse adottata in maniera estesa, potrebbe aiutare a produrre il cibo di cui abbiamo bisogno con un impatto sull’ambiente inferiore. In pochi metri quadri di suolo si potrebbe coltivare quello che oggi richiede ancora centinaia o migliaia di ettari. E in modo molto più efficiente. Le fattorie verticali possono usare infatti circa l’1 percento dei terreni dell’agricoltura tradizionale e generare la stessa quantità di prodotti. Inoltre, funzionano spesso in maniera automatica, ottimizzando il consumo di energia (per la luce artificiale necessaria ai processi biologici) e acqua.

Oggi sono ancora costose. I primi esempi, tuttavia, dimostrano che possono diventare sostenibili a livello economico. Al momento vengono sfruttate soprattutto per coltivare verdure a foglia. In Danimarca, ad esempio, un complesso di fattorie verticali, punta a fornire verdure fresche all’intero Paese tutto l’anno. Presto potrebbero essere usate per le bacche e per la viticoltura. Ma anche il bestiame potrebbe essere nutrito in questo modo, coltivando i foraggi (altra causa di deforestazione, come succede in Amazzonia) in verticale anziché su terra. Come sta già facendo un'azienda negli Stati Uniti.

Carne plant-based e latticini dai bioreattori

I prodotti alternativi alla carne come la conosciamo oggi potrebbero fare una differenza ancora più grande. Gli hamburger plant-based che hanno lo stesso delle versioni classiche stanno prendendo piede, tanto che oggi alcune aziende stanno crescendo velocemente. Gli esempi più eclatanti sono Impossible Burger e Beyond Meat: la prima sfrutta il 96 percento in meno di terreni per un hamburger, la seconda il 93.

Alla carne di origine vegetale si è aggiunta quella “coltivata” in laboratorio. Bistecche e petti di pollo ottenuti appunto dalla coltivazione delle cellule degli animali in bioreattori per generare i tessuti delle specie che mangiamo. Sebbene possa destare perplessità e preoccupazione, recentemente è arrivata la prima approvazione all’immissione in commercio da parte di un ente per la sicurezza alimentare in Taiwan.

Anche i prodotti derivati dal latte possono essere creati nello stesso modo. Sfruttando le sue proteine si possono ottenere in laboratorio formaggi e altri derivati simili a quelli che attualmente consumiamo, ma senza l’impatto sull’ambiente degli allevamenti.

Ci sarà cibo per tutti?

L’idea di fornire cibo alla popolazione mondiale attraverso questi processi innovativi si scontra con un problema: l’aumento degli abitanti del pianeta. L’ONU stima che la produzione alimentare dovrà raddoppiare entro il 2050 affinché tutti possano mettere qualcosa nel piatto. Jonathan Riggall, dirigente di Stantec, società di progettazione ingegneristica nel settore dell’ambiente che ha avviato un progetto di riconversione dei terreni, ha spiegato che “le due cose sono interconnesse, perché non puoi cambiare la destinazione d’uso dei terreni senza pensare a come sfamerai le persone.


Marco Rizza
Scopri di più

Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

Scopri di più

Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

Iscriviti alla newsletter
Resta aggiornato sulle ultime novità editoriali, i prodotti e le offerte