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Alberto Gipponi, la storia dello chef bresciano

Alberto Gipponi, la storia dello chef bresciano

La storia dello chef Alberto Gipponi è diversa da quella della maggior parte degli altri cuochi. Lo abbiamo intervistato e ce l'ha raccontata in esclusiva. Ecco cosa abbiamo scoperto.

«A 35 anni ho avuto la fortuna di incontrare ciò che davvero mi faceva vibrare il cuore e ho capito che forse non ero davvero soddisfatto di chi fossi.» Si potrebbe condensare in queste poche parole la miccia di Alberto Gipponi, chef del Dina, il suo primo ristorante a Gussago, in provincia di Brescia. Abbiamo intervistato Alberto, allievo di chef come Massimo Bottura, Eduardo Vale Lobo e Nadia Vincenzi, grandi nomi che hanno deciso di dargli un’occasione. E lui non se l’è lasciata sfuggire. Siamo stati suoi ospiti in occasione dell’apertura del nuovo locale, di cui vi abbiamo già raccontato in un altro articolo, facendoci dire come sia iniziato tutto.

Ci puoi raccontare come hai mosso i primi passi in cucina? «Tutto è cominciato all’Orsone, il ristorante della famiglia Bastianich in Friuli. La cucina mi ha sempre rincorso e spinto da un amico che lavorava lì, ho parlato con lo chef e l’ho convinto a darmi un’occasione. Dopo i primi tempi di lavoro in cucina, durante i quali mi dividevo tra la mia precedente occupazione e quella che poi lo sarebbe diventata, ricordo una chiacchierata con lo chef Riccardo Camanini del Ristorante Lido84 che mi disse "O aumenterà o svanirà". Al momento non avevo capito bene cosa volesse dire perché mi sembrava già di dare il massimo, ma sbagliavo. La cucina cominciò a mangiarmi con amore il cuore fino a rendermi suo e non c’è stata più alternativa.»

Hai un aneddoto del tuo primo giorno in cucina? «Sì, proprio il primo giorno di lavoro mi sono trovato di fronte Lidia Bastianich. Mi ha guardato e mi ha chiesto se fossi un cuoco, ho dovuto rispondere di no. Mi ha chiesto se avessi esperienza di ristorazione, e ho dovuto rispondere nuovamente no. Credo che Vale Lobo a quel punto sia sprofondato. Comunque i primi giorni volevo morire, era veramente un ambiente duro. Ma dopo quel primo periodo è andata sempre meglio, finiti i primi 15 giorni piangevo perché non sarei mai voluto andare via.»

E dopo? «Il passo successivo è stato Da Nadia, il ristorante di Nadia Vincenzi ora a Erbusco. Con me è stata adorabile e anche lei mi ha aperto le porte così, senza troppe domande: la mattina lavoravo, staccavo all’una e andavo là a fare il servizio. Per più di un anno non ho fatto un solo giorno di ferie, ma è stato un altro importante gradino per arrivare alla cucina come la interpreto oggi. Meravigliosa anche l’esperienza al Carlo Magno del caro amico Beppe Maffioli, che tra tutti, per primo, ha riconosciuto la mia passione e mi ha spronato ad inseguirla.»

È stato dopo questa esperienza che hai incontrato Massimo Bottura? «Esattamente. Un giorno sono andato a cena all’Osteria Francescana, il 9 Aprile 2016, uno degli eventi chiave della mia vita, dire straordinario è poco. Parlo con Massimo e gli lascio la storia di Memorie Future, un mio piatto, una crema di buccia di zucca, il primo piatto con un minimo di concetto che abbia fatto. Una ricetta che parla di riciclo, dell’utilizzare tutta la materia prima e rispettarla, della fatica del contadino, della terra, fino all’allevatore e il casaro. Dopo 11 giorni, il 20 Aprile, trovo due chiamate. Richiamo e mi ritrovo al telefono Massimo. Mi sono seduto: una telefonata tra il surreale e il non ci posso credere.»

È così che è iniziata la tua avventura all’Osteria Francescana? «Assolutamente no. La telefonata rimase un po’ in sospeso, mi fece qualche complimento sulla ricetta e mi spronò ad inseguire la mia passione e il mio sogno. A quel punto però decisi che dovevo tornare a parlargli di persona per riuscire a lavorare lì. Tutti sanno che è praticamente impossibile trovare un tavolo in Osteria da un giorno con l’altro, ma il caso mi aiutò e riuscii a prenotare per il 9 giugno. Quel giorno evidentemente doveva succedere così.»

Oltre a trovare un posto sei anche riuscito a parlare con Bottura? «Sì... l’ho aspettato fino alla fine del servizio e gli ho chiesto di darmi una possibilità. Lui non aveva alcuna intenzione di prendermi, ma io non potevo mollare. Uscì per strada e lo rincorsi mentre si infilava nel suo ufficio. Dopo un attimo di silenzio mi disse: “Non pensare di venire qui a fare i grandi piatti, verrai qui a pulire gli scampi!” E dentro di me pensavo che lì avrei fatto qualsiasi cosa, altro che scampi! Per la strada mi urlò di non farlo pentire della scelta, del resto aveva qualcosa come 2000 cuochi in lista d’attesa per quel posto.»

Incredibile… Come è stato cominciare lì? «I primi giorni mi guardava e sembrava pronto da un momento all’altro a rispedirmi a Brescia, senza nemmeno passare dal via. Poi è successo qualcosa che ha cambiato tutto: eravamo in pausa, ho visto che c’era sporco per terra, fuori in strada. Così mi sono messo i guanti e ho iniziato a raccogliere le cicche di sigaretta. Bottura mi ha visto e ha capito che ero lì perché era la cosa più importante della mia vita. In quel momento era tutto. E tutto doveva essere perfetto, anche la strada. Quella è casa mia. È stata un’esperienza di vita oltre che di cucina, qualcosa che a parole non potrò mai spiegare. Una meravigliosa salita. Massimo è il vero filantropo dei miei sogni e non c’è niente che io possa dire o fare che gli possa restituire ciò che lui ha regalato a me.»

L’Osteria Francescana è stata sicuramente la scuola più importante per Alberto Gipponi, che si è ritrovato dal ristorante migliore del mondo alla cucina del suo Dina. Tra i suoi piatti si possono trovare evidenti tracce di quella esperienza, dalle presentazioni curate in ogni dettaglio allo studio intenso della ricetta. Ma per capirlo fino in fondo non c’è modo migliore che andare a Gussago da Dina e scoprirlo con i vostri sensi.


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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