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E se il vegan marketing fosse penalizzato dall’utilizzo della parola vegan

E se il vegan marketing fosse penalizzato dall’utilizzo della parola vegan

Il vegan marketing, e in particolare il business della produzione alimentare e della ristorazione cruelty free, continua a fare leva sul termine «vegan». E se la chiave del successo consistesse nel non usare la parola vegan?

Il vegan marketing è ormai sulla bocca di tutti; tra prodotti alimentari, cosmesi, calzature, prodotti per la casa, abbigliamento e soprattutto ristorazione, il business della dieta alimentare e della scelta di vita cruelty free sembra inarrestabile. Una nicchia del mercato in espansione che va incontro a una domanda crescente e che, non va dimenticato, può far gola anche ai consumatori non vegani. Tra banchi dei supermercati, alimentari, ristoranti e catene di fast food, la selezione di specialità 100% vegetali rappresenta sempre più una certezza che rassicura il crescente popolo dei consumatori vegani.

Ma come si comporta il popolo dei non vegani e vegetariani di fronte a questi prodotti? Bruce Friedrich, direttore esecutivo del Good Food Institute - organizzazione no profit di cui fanno parte scienziati, investitori e food marketer, con l’obiettivo di promuovere un’alimentazione sostenibile che includa alimenti vegetali alternativi alla carne - afferma che l’utilizzo della parola «vegan» sia in realtà penalizzante per la vendita di questi prodotti.

Gli esperti dicono no all’etichetta vegan

La teoria di Friedrich è che i non vegetariani e non vegani abbiano un pregiudizio intrinseco contro la scelta di cibi che ritengono destinati a persone con una dieta diversa dalla loro, seppur potenzialmente questi corrispondano ai loro gusti alimentari. Il direttore esecutivo della GFI, parlando in termini di marketing, afferma che la scelta di commercializzare questo tipo di prodotti con le etichette vegano o vegetariano fa leva sulla volontà di rappresentare una fetta distinta di consumatori, quando invece gli alimenti alternativi alla carne etichettati come «proteine vegetali» sono favorevolmente accolti dagli onnivori.

Friedrich sottolinea che i vegani, anche in questo modo, possono individuare ugualmente i prodotti appropriati alle loro esigenze. La raccomandazione che l’associazione no profit fa alle aziende alimentari è quindi quella di evitare la parola «vegan», focalizzandosi piuttosto su descrizioni che facciano leva, appunto, sulle proteine non animali e sulle qualità salutari e nutrizionali dell’alimento in commercio. Interessante a questo proposito il successo riscontrato, nelle note catene di supermercati inglesi Tesco e Sainsbury’s, dei loro marchi di prodotti 100% vegan con etichetta plant-based, vendite che hanno di gran lunga superato quelle degli articoli contraddistinti dalla scritta «vegan”.

Questa nuova tipologia di etichettatura sta iniziando a prendere piede in maniera massiccia anche in altri paesi, soprattutto in America, facendo pensare a una possibile inversione di rotta nelle strategie di vegan marketing.

La possibile fine dei «vegan menù» nel mondo della ristorazione

Il punto di partenza dell’argomentazione di Friedrich è stato uno studio del 2017 dei ricercatori della London School of Economics, secondo il quale i piatti che sono inclusi nel menù principale di un ristorante ma sono contrassegnati con una «v» come «adatto ai vegani e vegetariani» sono ordinati più del doppio rispetto a quelli inseriti in una sezione a parte, dedicata esclusivamente alle alternative cruelty free o vegetariane.

Friedrich ha anche ipotizzato che eliminando del tutto la dicitura “v” le vendite sarebbero aumentate ancora di più, ma questo ovviamente sarebbe controproducente per la nicchia di frequentatori non onnivori. Insomma, che sia davvero l’inizio della fine della parola «vegan» in ristoranti e supermercati? E come reagirà il popolo vegan? Non ci resta che aspettare e scoprirlo.


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Ivana De Innocentis
Ivana De Innocentis
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Nomade digitale, docente di social media marketing e scrittrice, appassionata di viaggi, arte, tecnologia e alimentazione vegetariana e vegana. In cucina ama prendere spunto dalle sue passioni, aggiungendo ingredienti naturali e un pizzico di creatività.
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Nomade digitale, docente di social media marketing e scrittrice, appassionata di viaggi, arte, tecnologia e alimentazione vegetariana e vegana. In cucina ama prendere spunto dalle sue passioni, aggiungendo ingredienti naturali e un pizzico di creatività.
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