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Quando l'efficienza sposa l'equilibrio: l'acquaponica

Quando l'efficienza sposa l'equilibrio: l'acquaponica

Viviamo in un’epoca di estrema abbondanza, dove gli scaffali spesso sono stracolmi di prodotti e la spesa alimentare incide relativamente poco sul portafoglio, almeno per una buona parte della popolazione. Eppure l’intero impianto di produzione agroindustriale sta soffrendo di paradossi interni e limiti produttivi, tanto da spingere ricercatori e produttori a esplorare nuove tecniche produttive, con l'obiettivo di sfamare nove miliardi di persone nel 2050. Le strade sono molteplici, alcune più discusse di altre, ma sicuramente un approccio produttivo molto interessante e non così conosciuto è l’acquaponica, una tecnica che unisce la coltivazione di piante con l’allevamento dei pesci.

Qualche ghiotta premessa

Prima di addentrarci nello specifico del funzionamento di questa specifica tecnica cerchiamo di capire quali sono i vantaggi e perché sta prendendo così piede. Immaginate di poter disporre del tetto di un condominio e assieme agli altri condomini decidiate di fare un investimento più o meno cospicuo per predisporre un impianto di acquaponica. Prodotti vegetali e ittici a chilometro zero, nutriti esattamente come volete voi con la massima attenzione, certificazione biologica a portata di mano, sfruttando la naturale sinergia tra piante, animali e microrganismi. Insomma, siamo di fronte a “un moderno ed innovativo sistema bioecologico che consente di risparmiare acqua e energia tramite l'utilizzo di una perfetta sinergia naturale.”

Come funziona l'acquaponica?

Il principio di base consiste nel creare un circuito produttivo il più chiuso possibile, in modo che l’investimento di energia sia concentrato durante le fasi iniziali della progettazione e allestimento ma risulti poi molto più leggero su tempi lunghi. L’impianto è composto da due vasche principali, una contenente i pesci da allevare, l’altra un letto di crescita privo di terra, sostituita da argilla espansa o un altro tipo di substrato neutro. L’acqua della vasca in cui vivono i pesci si arricchisce man mano delle sostanze di scarto liberate con gli escrementi per poi venire messa in circolo verso la vasca con la cultura prescelta. Lì le sostanze di scarto vengono rielaborate da una nutrita comunità di microrganismi che scomporranno quei composti in elementi assorbibili dalle piante. Quest’ultimo passaggio ha l’ulteriore scopo di filtrare l’acqua da alcune sostanze che in quantità eccessive sarebbero dannose per i pesci, permettendo il ricircolo continuo e un risparmio elevatissimo di risorse idriche.

Altri vantaggi

Questo genere di impianto prende posizione tendenzialmente in ambienti controllati come le serre, così da non doversi preoccupare di eventuali parassiti, riducendo al minimo l’impiego di pesticidi e a zero quello di erbicidi. Anche i lavori che normalmente vengono fatti sul terreno, cioè tendenzialmente quelli più pesanti, costosi e incisivi sull’ecosistema, diventano inutili. Qui però è necessario aprire una parentesi: non è certo un sistema adatto a sostituire i campi estensivi di cereali e leguminose come la soia, piuttosto rendere gli ortaggi più economici, e ridurre il loro impatto ambientale. Paradossalmente per le sue caratteristiche il sistema è ben adattabile a contesti rurali, essendo praticamente indipendente da fonti energetiche esterne o risorse particolarmente difficili da reperire, tolte le componenti dell’impianto stesso. Ci troviamo di fronte a una tecnica sicuramente interessante, non tanto come soluzione definitiva ai problemi del settore agroalimentare, ma sicuramente un buon punto da dove cominciare

Fonti: Acquariofiliaitalia - Acquacorsi - Inorto - Alcatraz - Sharingame


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
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Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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