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Mobilità: in Italia ancora pochi investimenti per autobus a zero emissioni

Mobilità: in Italia ancora pochi investimenti per autobus a zero emissioni

Nel nostro Paese solo il 5,4 percento di tutti i nuovi bus urbani entrati in servizio nel 2019 erano a idrogeno o elettrici. Siamo tra gli ultimi in Europa

La mobilità elettrica resta ancora un miraggio per il settore del trasporto pubblico italiano. Soprattutto per quanto riguarda gli autobus urbani. È la sentenza di un nuovo studio di Transport & Environment, ONG ambientalista e promotrice della campagna Clean Cities, a cui collabora anche Legambiente. L’analisi prende in esame 17 Paesi europei ed evidenzia la percentuale di immatricolazione di nuovi autobus a zero emissioni. L’Italia è in fondo alla classifica, con appena il 5,4 percento di nuovi bus entrati in servizio nel 2019 a idrogeno o elettrici, seguita solo da Grecia, Svizzera, Irlanda e Austria.

In Italia ancora pochi investimenti per autobus a zero emissioni

Italia troppo indietro

Il nostro Paese è un grande acquirente di autobus, ma la maggior parte delle new entry sono ancora alimentate a gasolio o gas fossile. Insieme a Polonia, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia, l’Italia acquista circa il 70 percento dei bus urbani europei. La mancata conversione del parco mezzi verso una mobilità più sostenibile rallenta in modo significativo la diffusione di mezzi a emissioni zero nel continente, con un impatto altissimo per l’ambiente.

Secondo i dati Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), nel 2019 sono stati immatricolati solo 63 bus elettrici e a idrogeno in tutta la Penisola: 16 in Sicilia, 15 in Lombardia, 13 in Piemonte, 10 in Liguria.

Nel primo semestre del 2020 l’Italia ha messo in strada solo 170 nuovi bus, contro i 363 del primo semestre 2019, registrando un calo del 53% e diminuendo gli acquisti sulla mobilità pubblica in un momento in cui avere più mezzi era necessario per garantire distanziamento”, ha dichiarato Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente.

“Inoltre, in seguito all’emergenza Covid sono stati estesi i contributi pubblici per l’acquisto di nuovi autobus, anche di quelli a metano o diesel, con il risultato che compriamo meno autobus dei grandi paesi europei e gran parte dei quali ancora fortemente inquinanti. Non possiamo condannare le nostre città a usare mezzi pubblici vecchi, inquinanti ed alimentati a gasolio o gas fossile, con l’unica eccezione dell’olio di palma, ancora più nocivo del petrolio a livello ambientale”.

Gli esempi virtuosi

In Europa c’è però chi dà l’esempio. L’80 percento degli investimenti della Germania per il 2020 sono destinati ad autobus elettrici, mentre la Polonia annuncia che nelle città con una popolazione di 100 mila o più persone tutto il trasporto pubblico sarà elettrico entro il 2030, stanziando oltre 290 milioni di euro per sostenere questo obiettivo.

A guidare la classifica di bus a emissioni zero nel vecchio continente sono Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi. Il 78 percento degli autobus danesi immatricolati nel 2019 è elettrico o a idrogeno, come il 67 percento di quelli lussemburghesi e il 66 percento degli olandesi. Anche Svezia, Norvegia e Finlandia sono tra i primi, i cui autobus elettrici rappresentano rispettivamente il 26, 24 e 23 percento degli immatricolati.

Soldi spesi male

Tornando all’Italia, ora la preoccupazione è che anche i soldi che l’Unione Europea ci metterà a disposizione per la ripresa post-Covid siano spesi male. “È davvero incomprensibile come, con oltre 200 miliardi in arrivo dall’Europa, la bozza di Recovery Plan approvata dal Consiglio dei Ministri preveda l’acquisto di circa 5 mila nuovi autobus di cui ben 2.700 a gas fossile, ovvero centinaia di milioni di euro sprecati in fossili tecnologie obsolete. I bus elettrici riducono l’inquinamento atmosferico, ci aiutano a combattere il cambiamento climatico, a ridurre il rumore e il costo totale d’esercizio”, dichiara Veronica Aneris, Direttrice per l’Italia di Transport & Environment. “Ora i soldi ci sono. Com’è possibile che il benessere dei cittadini e del pianeta non venga mai messo al primo posto? Ci auguriamo che il Parlamento ora ponga rimedio a questa misura”.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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