inNaturale
Home
>
Le nanotecnologie a servizio dell’acqua

Le nanotecnologie a servizio dell’acqua

Il mare è la più grande riserva di acqua presente sulla Terra, eppure non penseremmo mai di berla senza prima averla dissalata. Il sale al suo interno renderebbe impossibile farlo, a meno che non si voglia morire per disidratazione. Un team di ricerca dell’Università di Rice (Texas) potrebbe aver risolto il problema, progettando un nuovo impianto per produrre acqua potabile direttamente dalle acque salmastre, sfruttando l’energia solare e le nanotecnologie.

Dissalare o distillare?

Nel mondo esistono 18 mila impianti di dissalazione in 150 paesi. Da non confondere con la distillazione, un processo chimico che elimina ogni sostanza presente nell’acqua. Per intenderci, l’acqua distillata è quella che si usa nel ferro da stiro, mentre quella che beviamo viene dissalata.

Ci sono vari tipi di dissalatori, come l’evaporativo, di permeazione e per scambio ionico. Il primo si basa sul processo più semplice: l’acqua viene fatta evaporare e recuperata per condensazione. La parte solida, il cloruro di sodio, diventa simile a cristalli che vengono poi recuperati. Questo processo non elimina tutti i sali minerali presenti nell’acqua, ma la rende potabile e adatta all’uso alimentare. Un’acqua completamente priva di elementi salini sarebbe del tutto insapore e molto sgradevole, oltre che priva di elementi chimici indispensabili per il nostro corpo.

L’innovazione a nostro uso e consumo

Lo studio, pubblicato su Science Daily e Proceedings of the National Academy of Sciences, presenta un nuovo macchinario, chiamato NESMD, il quale si basa su di un sistema di distillazione chiamato “a membrana”, utilizzato anche per la purificazione del sangue: una membrana fa da filtro tra l’acqua salata calda e acqua fredda, trattenendo il cloruro di sodio e lasciando passare il vapore acqueo dalla parte calda a quella fredda. La particolarità, in questo caso, sta nel fatto che, sfruttando le nanotecnologie, non c’è bisogno di usare grandi quantitativi di energia elettrica, solo l’energia solare. Le nanoparticelle della membrana trasformano le radiazioni solari in calore, in questo modo non c’è bisogno di portare ad ebollizione l’acqua di mare.

Come si può vedere dall’immagine sottostante, la nuova membrana ha uno strato in più rispetto alla precedente nell'immagine poco più sopra: i raggi del sole scaldano le nanoparticelle che, a loro volta, mettono in moto il processo di riscaldamento ed evaporazione dell’acqua di mare. Il vapore acqueo passerà poi attraverso la membrana, lasciando dietro di sé il sale e diventando acqua potabile. Il gruppo di ricerca ha già testato questo metodo su di un sistema molto più grande, unendo i pannelli solari da 70 cm per 25 attraverso un sistema modulare. Come afferma la team leader Qilin Li sull’articolo di Science Daily: “Li si può assemblare insieme, come si farebbe con dei pannelli in una centrale solare”. Dipende da quanta acqua si ha bisogno.

Le conseguenze di questa scoperta tecnologica riguardano sia milioni di persone che non hanno accesso all’acqua, che gli attuali sistemi di produzione di acqua potabile, molto onerosi dal punto di vista energetico. I primi riuscirebbero ad avere acqua potabile con facilità, i secondi ad abbassare i costi di produzione a livello globale.

Fonti: sciencedaily.com - pnas.org - it.wikipedia.org


Carlotta Pervilli
Scopri di più
Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
Scopri di più
Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
Iscriviti alla newsletter
Resta aggiornato sulle ultime novità editoriali, i prodotti e le offerte