Si stanno moltiplicando le scuole che permettono a chi lo desidera di avvicinarsi alla pastorizia in Italia, scopriamo uno di questi progetti.
L’Italia sta riscoprendo la pastorizia. In particolare, sono sempre più i giovani ad avvicinarci a questa attività quasi abbandonata nel nostro paese. Un lavoro con un fortissimo legame con la cura del territorio, le tradizioni e la valorizzazione delle aree interne dello Stivale, zone teatro di un progressivo e costante abbandono nel recente passato a causa della mancanza di opportunità lavorative e, in generale, delle difficoltà che presentano a chi lì vorrebbe costruirsi una vita.
Avvicinarsi al mestiere, però, non è cosa semplice, soprattutto per coloro che non hanno mai lavorato nel settore agricolo. Ecco allora che negli ultimi anni si sono moltiplicate le scuole e i corsi di formazione per gli aspiranti allevatori. Un esempio è il progetto “Scuola Giovani Pastori”, iniziativa creata per andare incontro ai ragazzi che vogliono avviare un’attività imprenditoriale di pastorizia, rivalutando il circuito economico e ambientale di luoghi periferici.
Il progetto Scuola Giovani Pastori
Lo scopo del progetto, finanziato da Fondazione Cariplo e portato avanti dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi di economia agraria) con la Rete Rurale Nazionale, l’Associazione Riabitare l’Italia (realtà impegnata nella rivalutazione delle aree interne) e altri partner, è quello di fornire agli studenti, selezionati tramite un bando, gli strumenti per avviare o riprendere attività di pastorizia in Italia secondo principi di sostenibilità sia economica che ambientale.
La prima edizione della Scuola si è focalizzata nel 2022-2023 (da settembre 2022 fino a luglio 2023) sulle aree interne del Nord-Ovest, ma è stata aperta alla partecipazione di giovani provenienti da tutta Italia. 15 i ragazzi selezionati, tutti under 40, su una rosa di 50 candidati. A settembre, invece, prenderà avvio la seconda iniziativa in Sicilia, dove il progetto si stabilirà sul territorio delle Madonie.
Cosa insegna la Scuola
Ma cosa deve imparare un giovane che vuole riprendere la pastorizia in Italia? Durante il primo percorso del progetto sono stati offerti momenti di formazione sia pratica che teorica su pascolo e allevamento in aree montane, caseificazione e trasformazione delle materie prime.
Sono stati disposti degli approfondimenti online su varie tematiche (gestione dei pascoli, rapporto con gli animali selvatici, controllo qualità, HACCP) e c’è stata la possibilità di confrontarsi con aziende e realtà del territorio che, a sua volta, ospita la scuola per imparare pratiche e saperi da chi questo mestiere già lo fa.
Gli studenti hanno anche imparato sul campo come produrre dei formaggi artigianali in maniera scientifica con strumenti all’avanguardia, applicando il controllo della temperatura. E, alla fine della formazione, sono stati coinvolti in una rete di scambio tra ricercatori e pastori che li sta accompagnando nella co-progettazione di un allevamento sostenibile e nello sviluppo della propria idea imprenditoriale o lavorativa.
Chi sono i nuovi pastori?
Tra le persone che si avvicinano alla pastorizia in Italia, ci sono soprattutto ragazzi tra i 20 e i 30 anni. Fra i partecipanti alla prima edizione, Scuola Giovani Pastori segnala che la maggioranza delle partecipazioni era femminile e la media età degli studenti era di 28 anni. E, oltre a chi ha ereditato il mestiere in famiglia e studia mentre porta le pecore al pascolo, c’è chi ha addirittura deciso di lasciare le grandi città e trasferirsi con i bimbi piccoli e nascituri in comunità di campagna ristrutturando vecchie cascine.
“Essere pastori oggi vuol dire fare una scelta consapevole di uno stile di vita – spiega Daniela Storti, responsabile del progetto e ricercatrice del Crea – ma anche avere tutti gli strumenti per poter affrontare una sfida imprenditoriale e la gestione di un allevamento con modelli innovativi e basati sul pascolo come pratica fondamentale. Bisogna essere proiettati al futuro, recuperando i saperi del passato, ritornando alla terra, ma non in una dimensione folclorica e nostalgica.”